Tra sogno e realtà 

Se girare il documentario Las Hurdes fu per Buñuel una scelta coraggiosa, quasi lo stesso si può dire a proposito della scelta di girare una docu-fiction d’animazione sulle peripezie legate alla realizzazione di quel film. 

“Basterebbe questa scelta eretica e coraggiosa a fare di Buñuel – Nel labirinto delle tartarughe una sorta di Ufo nel panorama del cinema attuale: un film che è al contempo una lezione di storia del cinema, una riflessione sul senso dell’arte, una sorprendente esplorazione antropologica e un’inebriante esperienza estetica”, scrive il critico Gianni Canova su WeLoveCinema.it.

Scelta brillante e perfettamente funzionale alla narrazione, l’animazione ha permesso al regista di giocare con le categorie di realtà e finzione e quasi ribaltarle, affidando ai disegni il racconto del making of di Las Hurdes e alle immagini in bianco e nero tratte dal film di Buñuel la testimonianza di ciò che realmente scaturì da quell’avventura produttiva. 

Naturalmente, l’animazione, in quanto medium privilegiato in grado di dar forma e sostanza a ciò che non c’è, ben si addice, e anzi si potrebbe dire rende omaggio, alle atmosfere surrealiste. Breton, parlando delle finalità del Surrealismo affermava che la pratica artistica dovesse avere lo scopo di  risolvere il rapporto di contraddizione tra sogno e realtà e l’animazione, come molti hanno osservato, è perfettamente in grado di coinvolgere lo spettatore in una sorta di sogno ad occhi aperti. Nel film, questo è ancor più evidente nelle sequenze in cui i vividi sogni, o gli incubi, di Luis prendono effettivamente forma confondendosi con il paesaggio circostante.

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