23/06
21/08
Salaborsa (piazza coperta)
Albert Samama Chikly, principe dei pionieri
Promossa da Fondazione Cineteca di Bologna
Apertura: fino al 31 luglio dalle 10 alle 20 (da martedì a venerdì) dalle 10 alle 19 (sabato); lunedì chiuso
Dal 1° agosto dalle 15 alle 20 (da martedì a venerdì)
Ingresso libero
Con l’invenzione del cinematografo, alla vigilia del Novecento, il mondo accorcia le sue distanze. I fratelli Lumière intuiscono rapidamente che il successo istantaneo della loro invenzione affonda le radici in un’idea profonda di universalità. Attraverso le immagini e le vedute riprese ai quattro angoli del pianeta, il neonato cinema realizza da subito uno dei suoi miracoli più sorprendenti: svelare al mondo il resto del mondo e lasciare ai posteri una documentazione di inestimabile valore.
Coevo dei Lumière, di cui tra i primi proietterà i film a Tunisi, Albert Samama Chikly (1872-1934) scopre il cinematografo grazie agli operatori Lumière e si impadronisce rapidamente del suo linguaggio. Sarà lui a realizzare Zohra (1922) e Aïn el Ghazel (1924), di fatto primi film di finzione del continente africano.
Discendente di una famiglia borghese ebreo-tunisina di origine andalusa (suo padre Daoud Ibrahim Samama è il banchiere del Bey di Tunisi), Chikly non è solo un artista poliedrico e cosmopolita ma anche un pioniere del progresso tecnico. Come mostrano i biglietti da visita riprodotti in mostra, Chikly si cimenta con insaziabile curiosità, (e grande ironia), in molti ambiti: navigatore, membro onorario del Gruppo dei cantori, degli Artificieri e dei Pompieri, fotografo e Principe di Chikly (dal nome dell’isoletta, a nord del lago di Tunisi, acquistata dal padre). La passione per le grandi invenzioni della modernità lo accompagnerà per tutta la vita: nel 1895, a pochi mesi dalla scoperta dei raggi x, apre un suo laboratorio nel quale in seguito eseguirà “radiografie gratuite per i poveri” per conto dell’ospedale di Tunisi. Un anno dopo si dedica con identico slancio allo studio del telegrafo senza fili (appena brevettato da Marconi), che si fa istallare in casa.
Questa autentica vocazione per la scoperta si estende a tutti i campi dell’esperienza e trova una sua espressione naturale nel viaggio: a poco più di sedici anni si imbarca come marinaio verso le Antille, a diciassette raggiunge l’Australia doppiando due volte i tempestosi mari di Capo Horn, a venti, durante la traversata da Tunisi a Ourgla, si fa notare dalla stampa locale algerina per le sue gesta di “velocipedista instancabile”. È forse un’urgenza ancora più forte, quella di documentare il reale e di immortalare un mondo in rapida mutazione, a spingerlo verso la fotografia, che inizialmente prende vita come una delle tante declinazioni della sua fascinazione per la tecnica: Samama Chikly ‘gioca’ con i tempi di esposizione, i diversi supporti, formati e procedimenti, fotografa un’eclissi lunare, tenta i primi fotoritocchi. Tra i suoi innumerevoli talenti, quello fotografico è forse il più prorompente, e la sperimentazione acquista in breve tempo la cifra dello sguardo d’artista.
Sorprende la sua capacità di mettere in campo tutte le potenzialità espressive e i registri della fotografia: dai ritratti agli straordinari reportage di guerra, agli scatti aerei, queste immagini non hanno solo un grande valore documentario ma anche estetico, richiamando alla memoria quelle di Lartigue, Stieglitz, Strand o Kertész.
I suoi scatti, che ci appaiono oggi incredibilmente moderni, ci riportano nel cuore del Mediterraneo di cento anni fa, un mare che incoraggiava un movimento di scambi di pensiero e le cui sponde, a nord come a sud, erano floride e ugualmente sviluppate.
Di Tunisi ci mostra per la prima volta la Medina e i tetti terrazzati dall’alto di un pallone aerostatico (mentre sono andate perse le sue riprese da un sottomarino), le ricorrenze pubbliche e la belle époque delle feste mondane e delle cerimonie ufficiali. Sono però le tradizioni in pericolo, l’artigianato nei borghi più remoti, il lavoro nei campi, la tessitura e la pesca a catalizzare maggiormente l’interesse di Chikly. Il suo progetto più ambizioso rimane una guida turistica – Sur le Grand Chemin de la Tunisie – che rivela la sua posizione privilegiata di fotografo autoctono e un vero amore per il Grande Sud. Da questo progetto, interrotto dallo scoppio della Prima guerra mondiale, affiora una Tunisia di profonda bellezza a cavallo tra mondo ancestrale e modernità: nel suo insieme, le opere fotografiche di Chikly, riprodotte dagli originali che Djaouida e Paul Vaughan ci hanno generosamente messo a disposizione, rivelano un senso raffinato dell’inquadratura e una grande padronanza della luce, che, come scrive Mansour “è una luce grezza, vivente, che si manifesta sotto forma di riflessi, goccioline, aloni, effetti di contrasto e controluce che però non nascondono mai lo sguardo penetrante del fotografo. Come se, nella galleria di ritratti che ha consacrato al suo paese, avesse voluto attribuire il ruolo di maggior rilievo alla più illustre dei suoi abitanti: la luce”.
Cecilia Cenciarelli
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