L’Italia in corto. Prima parte (1952-1968)

Sebbene non solo italiano, il film a episodi ha avuto in Italia una diffusione superiore a tutte le altre cinematografie. Le ragioni di questa fioritura, che tra la metà degli anni Cin­quanta e quella degli anni Settanta è letteralmente esplo­sa superando i duecento titoli, si può cercare da una parte nell’importanza che la novella o il racconto breve hanno avuto nella nostra letteratura, specie degli ultimi due secoli (e che l’eco dell’antologia fatta da Pietro Pancrazi nel 1939 – Racconti e novelle dell’Ottocento, pubblicata da Sansoni – è lì a testimoniare), e dall’altra nell’attenzione che una certa vulgata del neorealismo aveva innescato a favore della nota­zione spicciola, dell’attenzione al piccolo fatto (di cronaca) come possibile spunto di riflessione più generale. Non è un caso che il primo film a episodi del dopoguerra italiano sia uno dei capisaldi del neorealismo rosselliniano, Paisà, che proprio dalla sua frammentarietà episodica trae la sua forza cinematografica e civile. E che pochi anni dopo, Blasetti si ispiri dichiaratamente alla novellistica italiana per trovare una serie di spunti per i suoi Altri tempi e Tempi nostri.
Nonostante questi padri nobili, però, il filone non godet­te di buona stampa (celebre una stroncatura di Tommaso Chiaretti che lo definì “cinema per pigri”), in parte giusti­ficata dal proliferare di operazioni produttive veloci e fur­besche, che cercavano in questo modo di minimizzare i rischi produttivi sfruttando l’appeal divistico (scritturando più celebrità) e cavalcando l’evoluzione del gusto verso una comicità di grana grossa. Eppure, tra molti titoli dimenti­cati o dimenticabili, il film a episodi offre anche ai registi e sceneggiatori la possibilità di sperimentare nuovi modelli narrativi, più vicini al ‘saggio’ che al ‘romanzesco’ o coniu­gare linguaggi di diversa provenienza, come quelli televisivi o pubblicitari o percorrere generi meno frequentati, come l’horror. O ancora verificare, magari protetti dall’etichetta onnicomprensiva della commedia all’italiana, la possibilità di affrontare temi scottanti (per esempio l’omosessualità) o ancora tabù (come il divorzio).
Questa ricchezza e questa qualità (che solo recentemente la critica sembra aver cominciato ad apprezzare: dopo i saggi fondativi di Micciché e Bruni, sono arrivati i lavori più siste­matici di Marco Rossitti e Alice Autelitano) è talmente me­ritoria di interesse da averci fatto fermare al 1968, lasciando a una prossima antologia il compito di coprire gli altri anni. E ci ha costretto a molte dolorose esclusioni, a volte per il cattivo stato di conservazione del nostro patrimonio (dispia­ce non aver potuto proiettare Il censore con Rascel da Gran varietà di Paolella) a volte per la scelta di selezionare un solo titolo per regista (così di Pasolini abbiamo scelto Che cosa sono le nuvole? invece del più conosciuto La ricotta). Ma sia­mo certi che le sorprese e le scoperte saranno comunque tante e piacevoli.

(Goffredo Fofi e Paolo Mereghetti)

 

Programma a cura di Paolo Mereghetti e Goffredo Fofi