I COLORI DEL CINEMA A PASSO RIDOTTO

A cura di Karl Wratschko in collaborazione con Cinémathèque16, INEDITS & Lichtspiel/Kinemathek Bern 

Quest’anno proponiamo una guida essenziale agli sviluppi e agli impieghi del colore nel cinema in formato ridotto. Il viaggio ha inizio con una copia d’epoca 16mm colorata risalente agli anni Venti (Lucretia Lombard di Jack Conway) e prosegue con alcuni filmati amatoriali degli anni Trenta. Grazie ai sistemi per la realizzazione di film a colori attraverso il procedimento lenticolare, come Kodacolor, e alle pellicole monopack multistrato, come Kodachrome, l’utilizzo del colore divenne sorprendentemente più consueto nel cinema in piccolo formato che nei film commerciali in 35mm. Dopo la Seconda guerra mondiale il passaggio alla produzione quasi esclusivamente a colori durò comunque più di due decenni. Durante quel periodo il formato ridotto a colori continuò a essere ampiamente usato dai cineasti amatoriali, e la pellicola a colori divenne molto popolare per i film promozionali e industriali. La Technicolor cercò di promuovere queste attività anche con la produzione nel 1949 del filmato pubblicitario Technicolor for Industrial Films. Il cortometraggio sarà proiettato insieme a Giuseppina (1960) del regista britannico James Hill (si tratterà, in entrambi i casi, di copie d’epoca 16mm ridotte da 35mm). Negli anni Sessanta, quando il cinema a colori non era ancora un fenomeno diffuso, i video musicali a colori (i cosiddetti Scopitone) mostrati nei bar riscossero un enorme successo (quest’anno presenteremo anche i loro precursori, che erano ancora in bianco e nero). Negli anni Settanta il cinema a colori era ormai ampiamente diffuso, e non era più visto come una novità dagli spettatori.
La teorica cinematografica tedesca Frieda Grafe giunse addirittura ad affermare che gli spettatori avevano smesso di accorgersi che i film erano a colori, tanto essi erano diventati normali. Forse questa è una delle ragioni per cui un numero sempre maggiore di filmmaker innovativi come Bill Brand, Arthur e Corinne Cantrill e Christian Lebrant iniziò a sperimentare con le possibilità del colore: per renderlo nuovamente visibile. I loro film in 16mm spinsero agli estremi la percezione dello spettatore, invitandolo a guardare oltre la superficie della produzione del colore. Inoltre, uno stile estetico come il ‘camp’ nel cinema underground sarebbe stato impensabile senza il colore. Lo si può apprezzare assistendo alla proiezione di Pink Narcissus (1971) di James Bidgood, un film girato in pellicola a colori 8mm e 16mm ed esempio perfetto di questo genere dall’estetica singolare. Forse vi chiederete come mai Lucretia Lombard sia nuovamente in programma quest’anno. Il motivo è che l’anno scorso non abbiamo potuto proiettarlo. Nel frattempo abbiamo risolto alcuni problemi tecnici e potremo così offrire una proiezione dell’unica copia 16mm degli anni Venti con le colorazioni originali.

Karl Wratschko

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