Cinema2 Home+Movies

Programma a cura di Paolo Simoni, Sergio Fant e Pauline de Raymond

Per cinema2, la sezione del Cinema Ritrovato dedicata al found footage e alle più svariate forme di riciclaggio del cinema, il segno grafico “+” tra home e movies rappresenta il valore aggiunto alle immagini originali dall’intervento dei filmmaker che hanno affrontato la delicata rielaborazione dei film di famiglia.

Il primo programma vuole spingersi fin dentro la famiglia, osservarne e scomporne il funzionamento dall’interno, con alcuni film realizzati da autori che lavorano direttamente su immagini della loro personale memoria familiare.
 Con Mort à Vignole, Olivier Smolders riflette sulla natura dei film di famiglia (non solo dei propri), ma anche più in generale sul rapporto tra il cinema e la morte. In Der Fater, Christine Noll Brinckmann “regola i conti” con il padre, attraverso le immagini amatoriali e familiari da lui girate negli anni ‘30. Boris Van der Avoort, nel suo J’espère que vouz allez bien, unisce in un abbraccio i film di tre generazioni: quella dei nonni, dei genitori e la sua. Infine, This Side of Paradise non è un film di found footage nel senso proprio, piuttosto un film di montaggio a distanza: Jonas Mekas assembla solo nel 1999 il materiale girato tante estati prima, quando frequentava la famiglia Kennedy, “insegnando cinema” ai piccoli John Jr. e Caroline, pochi anni dopo la morte del padre.
Il secondo programma vuole analizzare e sovvertire le meccaniche dei film di famiglia, e mostrare un campionario dei modi in cui gli home movies possono essere smontati, rimontati, manipolati. Per farli rientrare in una sorta di catalogo teorico, i film di vacanza vanno ad esempio raccolti con precisione tipologica, come in Adria, in cui “opera” la mano precisa di Gustav Deutsch. Ma anche un solo gesto, reiterato, può diventare protagonista: in Happy-End di Peter Tscherkassky è il succedersi incessante dei brindisi familiari, ripetuti negli anni, a divenire motivo dominante e angosciante. Ma i film di famiglia possono venir sezionati anche al livello dell’emulsione, come nel caso di Home Movie di Cécile Fontaine, dove il supporto dell’immagine viene “torturato”, per costringerlo a svelare allo sguardo i suoi segreti. Possono raccontare storie, come in Passagen di Lisl Ponger, con le sue immagini turistiche al servizio di racconti orali di altri viaggi, di emigrazione, di esilio. Oppure raccontare la Storia, come in Günther 1939 di Johannes Rosenberger: l’etichetta sulla bobina ritrovata (“Heil Hitler!”) non mente sul contenuto e sulla “buona” fede di ogni famiglia nazista; il film originale è letteralmente capovolto nel quadro e ci riconsegna il lato più inquietante del cinema familiare. Variazione finale, Die Bilder di Marcel Schwierin, dove s’incontrano anonimi film amatoriali a colori e bergfilm anni ‘20: la memoria conduce lontano, dove meno ci si aspetterebbe, sulle vette più alte o sui petali di un fiore, frammenti che si compongono con la grazia e l’intensità che solo il ri-montaggio può così poeticamente evocare.