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28/06
Cinema Europa > 20:00
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Scheda Film
Avevo pensato di dare a Karloff la parte di un attore di film horror prossimo alla pensione; il metraggio riciclato sarebbe diventato un film nel film, che lui gira alla fine della carriera. Per creare un contrasto tra l’horror immaginario del castello gotico di Karloff e l’horror vero, inserii la scena di un veterano del Vietnam squilibrato che si mette a fare il cecchino sul pubblico di un drive-in. Era qualche anno dopo Texas Tower e Charles Whitman. A Roger [Corman] l’idea piacque molto. Mostrai la mia sceneggiatura originale a Sam Fuller, e piacque anche a lui. Poi ci chiudemmo per tre ore nel suo ufficio, e lui reinventò completamente il mio soggetto, di testa sua, mentre io prendevo appunti. Roger commentò la revisione dicendo: “È la miglior sceneggiatura che mi sia capitato di dover produrre”.
Peter Bogdanovich, in Roger Corman e Jim Jerome, Come ho fatto cento film a Hollywood senza mai perdere un dollaro, Lindau, Torino 1998
Terminato il lavoro per I selvaggi Bogdanovich può affrontare la preparazione del suo primo film, pur sotto le rigide condizioni poste da Corman. Non si deve superare il costo di centotrentamila dollari e bisogna girare tutto in undici giorni, con la partecipazione di Boris Karloff che ‘deve’ ancora a Corman due giornate di riprese (in seguito, per fortuna, diventeranno cinque) per il contratto di La vergine di cera. È un grave limite, anche perché la ridotta possibilità di utilizzare Karloff rende necessaria la presenza di un altro attore comprimario. Bogdanovich risolve il problema in modo originale. La soluzione, dettata da una necessità contingente, si rivela l’intuizione più felice del film. Con la moglie, e guidato dai consigli di un regista consumato come Samuel Fuller, scrive un soggetto basato su due storie parallele che hanno un solo punto di incontro all’inizio e convergono poi in un unico finale. […] Con questa insolita e stimolante opera prima, immediatamente apprezzata dalla critica alla sua uscita, pone le basi del suo futuro enunciando chiaramente i temi che svilupperà nei film successivi: la gioia personale della messa in scena, la fiducia nei meccanismi del racconto e dell’azione (qui addirittura duplicata e che rimanda al dualismo, presente nella sua personalità, di “emotività” e di “intellettualità”, secondo quanto afferma lo stesso regista); il rapporto tra critica e film, cinema e vita; il discorso sul ‘genere’ cinematografico; l’impiego del colore in funzione espressiva; il film come esempio di regia e come riflessione sul cinema.
Vittorio Giacci, Peter Bogdanovich, Il Castoro, Milano 2002
Cast and Credits
Sog.: Polly Platt. Scen., M.: Peter Bogdanovich. F.: László Kovács. Scgf.: Polly Platt. Int.: Tim O’Kelly (Bobby Thompson), Boris Karloff (Byron Orlok), Arthur Peterson (Ed Loughlin), Monte Landis (Marshall Smith), Nancy Hsueh (Jenny), Peter Bogdanovich (Sammy Michaels), James Brown (Robert Thompson), Mary Jackson (Charlotte Thompson), Sandy Baron (Kip Larkin). Prod.: Peter Bogdanovich per Saticoy Productions. DCP. Col.
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