Senza sapere niente di lei appartiene a un filone ‘giallo’ che Luigi Comencini ha frequentato lungo i decenni saltuariamente ma con coerenza. Nei primi anni Cinquanta Persiane chiuse e La tratta delle bianche, melodrammi noir, raccontavano pionieristicamente la borghesia del dopoguerra. Negli anni Settanta due commedie gialle porteranno avanti una visione cupissima della società italiana: la Torino di La donna della domenica da Fruttero e Lucentini, e gli inquilini del palazzo romano di Il gatto, da un soggetto di Rodolfo Sonego. In mezzo c’è questo titolo, tratto da un romanzo del regista Antonio Leonviola e scritto fra gli altri da Suso Cecchi d’Amico e Raffaele La Capria, uno dei film stilisticamente più curiosi del regista, influenzato dagli sperimentalismi dell’epoca, con flashback, ellissi e raccordi disinvolti. In una Milano composta visivamente anche con pezzi di Roma, l’avvocato di una compagnia di assicurazioni indaga sulla morte di un’anziana donna: se si fosse suicidata, l’assicurazione non dovrebbe pagare ai figli la polizza miliardaria. Dalle indagini viene fuori la meschinità non solo dei famigliari, ma anche del detective Philippe Leroy, che intreccia una relazione con una delle figlie della defunta. Vero cuore del film, e in fondo vero personaggio positivo, è proprio questa giovane inquieta e nevrotica che non riesce a essere ribelle. Una splendida interpretazione di Paola Pitagora, uno dei migliori ritratti femminili nel cinema italiano dell’epoca. Comencini, dai mélo anni Cinquanta alla Ragazza di Bube, da Delitto d’amore all’inchiesta L’amore in Italia, è anche un sensibile narratore delle donne.