Ven
28/08
Cinema Jolly > 15:30
OTEC I SYN
Il film è incompleto. Sarà integrato con la lettura di un testo esplicativo delle parti mancanti.
MARGARITA BARSKAJA
Nata a Baku nel 1903, cresce con le due sorelle e una madre divorziata e un po’ artista, creatrice di cappelli per signore. Dopo aver seguito corsi di teatro in Azerbaigian entra in una troupe teatrale di Odessa. Durante una visita agli studios cittadini conosce il veterano del cinema zarista Pëtr Čardynin, che ha trent’anni più di lei e del quale diventa moglie, interprete e assistente alla regia. Appare nel primo film di Aleksandr Dovženko, Jagodka Ljubvi (Il frutto dell’amore, 1926), ma il mestiere di attrice la interessa poco. Lascia Čardynin e si stabilisce a Mosca, dove nel 1929 apre uno studio di recitazione per bambini e pubblica numerosi articoli in cui espone la propria teoria di un cinema “di bambini, per bambini, sui bambini”. Nel 1930 gira un documentario pedagogico sulla preparazione del pane: un contadino ottuso si rende conto che per produrre di più ha bisogno di strumenti agricoli e di trattori, cioè della classe operaia. Kto važnee – Čto nužnee (Chi è più importante, che cosa è più urgente), a lungo considerato perduto, è stato identificato nel 2008 da Natal’ja Miloserdova nel RGAKFD, l’archivio di stato russo dei documenti cine-fotografici. Buffo e poetico malgrado il necessario tono didattico, mescola disegno animato e scene filmate. Elogiata per il risultato, Barskaja può realizzare il suo primo lungometraggio di finzione, Rvanye bašmaki (1933). Il film descrive l’ascesa del nazismo in una città operaia tedesca, ma dal punto di vista dei bambini. Convinta che i suoi piccoli interpreti non saranno in grado di registrare separatamente la pista sonora, gira in presa diretta, li fa interagire senza dialoghi imparati a memoria, fa costruire un treppiedi per posizionare la macchina da presa alla loro altezza. Il film fu un trionfo, in URSS e altrove. Gor’kij si disse stupefatto di vedere “un ragazzino esprimere una gamma di emozioni che si osserva solo nei più grandi attori”. Diventata famosa a trent’anni e grazie alla sua perseveranza, Barskaja persuade Boris Šumjackij ad affidarle un’unità di produzione dedicata ai film per bambini. Ma quel che doveva essere nelle sue intenzioni uno studio sperimentale si trasforma nell’estate del 1936 in un grande studio, Sojuzdetfil’m, gelosamente controllato dalle associazioni giovanili del Partito. Nel mese di settembre l’arresto di Karl Radek, al quale pare sia stata legata, aggrava la sua situazione. Il suo secondo lungometraggio, Otec i syn (1936), la cui sceneggiatura era stata peraltro approvata, viene osteggiato, rimontato, vietato. Barskaja non si piega e protesta, rifiuta di testimoniare contro Radek, contro di lei si scatena una violenta campagna. Intraprende un nuovo progetto con il pedagogo Anton Makarenko, ma la morte di quest’ultimo ne segna la fine. Si suicida gettandosi dal quinto piano di un palazzo il 23 luglio 1939.
Irène Bonnaud e Bernard Eisenschitz
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Sottotitoli
Versione originale con sottotitoli
Modalità di ingresso
OTEC I SYN
Scheda Film
Mentre il direttore di una fabbrica è assorbito dai problemi della produzione, il figlio adolescente soffre di solitudine. La madre è morta, e il padre, un uomo simpatico, comunista irreprensibile, insignito di un premio Lenin, non riesce a trovare il tempo necessario per l’educazione del ragazzo né un modo per esprimere i propri sentimenti. Dopo un litigio il giovane scappa di casa e si ritrova a far parte, a suo rischio e pericolo, di una banda di delinquenti. La rivoluzione non si riduce alle sole quote di produzione, sembra dire Margarita Barskaja in questo bel ritratto di uomini grandi e piccoli. Se le cineaste venivano spesso relegate al cinema per bambini, Barskaja, la più brillante rappresentante del genere, sceglie di narrare la storia di un padre celibe. Lev Sverdlin, attore di Mejerchol’d che aveva esordito sullo schermo in U samogo sinego morja (Vicino al mare più azzurro) di Boris Barnet, dà come sempre prova di un’intelligenza luminosa, ma la rivelazione del film è l’attore non professionista Genja Volovič, dodici anni, un incrocio tra il Jean-Pierre Léaud dei 400 colpi e Buster Keaton, che oppone alla Mosca staliniana il suo cipiglio imbronciato. Come fa notare Evgenij Margolit, se la sceneggiatura segue l’andamento didattico previsto, il film, con il suo protagonista, si immerge nella notte e in una costante atmosfera d’angoscia. Caduta in disgrazia in seguito all’arresto di Karl Radek, suo consulente per il film precedente, Rvanye bašmaki, ed entrata all’improvviso nella categoria infamante degli “amici di un nemico del popolo”, Barskaja vede qualificare il proprio film come “vizioso” e “deleterio” dagli stessi colleghi di Sojuzdetfil’m, che dopo averlo apprezzato durante le prime proiezioni si accusano ora l’un l’altro di non essere stati abbastanza vigili. Nelle discussioni rimproverano alla cineasta di aver mostrato una Mosca “sporca, sgradevole, brutta”, una fogna; e la scena in cui un operaio si addormenta a una riunione del Partito infiamma gli spiriti. Il 17 giugno 1937 Margarita Barskaja viene licenziata dallo studio cinematografico che lei stessa aveva così ardentemente voluto. Il film ha subito vari rimaneggiamenti e mutilazioni. La sola copia positiva a essersi conservata è incompleta (due elementi della colonna sonora perduti, penultimo rullo mancante), ma “poco importa, il film resta splendido” (Peter Bagrov).
Irène Bonnaud e Bernard Eisenschitz
Cast and Credits
Sog.: Margarita Barskaja, V. Jadin. Scen.: Margarita Barskaja. F.: Louis Forestier. Scgf.: P. Bejtner, K. Geningson, S. Kuznecov. Mus.: G. Gamburg. Int.: Lev Sverdlin (Pëtr Nikolaevič Volkov), Vasilij Novikov (segretario del comitato del Partito), Mihail Tarchanov, Ol’ga Žizneva, Ženja Volovič, Teodor Vulfovič, bambini da sei mesi a tredici anni. Prod.: Sojuzdetfil’m. 35mm. Bn.
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