Lun
31/08
Arena Puccini > 21:30
LUCI DEL VARIETÀ
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LUCI DEL VARIETÀ
Scheda Film
Il brillante lavoro di sceneggiatore (con Rossellini, Germi, Lattuada) riusciva così bene al giovane Fellini che a fare il regista non ci pensava proprio. A spingerlo a varcare il Rubicone fu l’esperto Alberto Lattuada. “Nel biennio 1947-1949” mi ricordava il regista milanese “Federico aveva lavorato in maniera eccellente alle sceneggiature di tre miei film (Il delitto di Giovanni Episcopo, Senza pietà, Il mulino del Po); e così, mentre scrivevamo il copione del nostro quarto film, sulla vita agra dei guitti dell’avanspettacolo, mi è venuto spontaneo proporgli di firmare insieme anche la regia. Fu un’esperienza davvero esaltante, uno dei momenti più felici della mia vita. Io mi occupavo soprattutto della parte tecnica; stavo alla cinepresa, però volgevo di continuo lo sguardo per un’intesa fatta di cenni al mio fraterno coregista che mi stava sempre accanto; Federico si occupava di più, diciamo, degli attori”. […] “Lo riconosco come mio” ribadiva Fellini “in effetti c’erano dentro tanti ricordi personali, alcuni veri, altri inventati, e certe atmosfere di provincia che conoscevo bene… Però a spalleggiarmi c’era don Alberto Lattuada, con la sua capacità di decidere, con la forza dell’esperienza. Il regista era Alberto, lui diceva ‘motore’, ‘silenzio’, ‘stop’; io stavo al suo fianco in una situazione abbastanza felice di irresponsabilità”.
Aldo Tassone, Fellini 23½. Tutti i film, Edizioni Cineteca di Bologna 2020
C’è una tradizione sulla vita dei comici del varietà che si basa su poche formule: la carriera coronata dal successo improvviso (il protagonista sostituisce il divo); la rinuncia all’amore per la carriera (il pubblico come oggetto d’amore più vasto); la dura necessità di anteporre lo spettacolo agli affari privati (ridi, pagliaccio). Su questi temi sono stati fatti tanti film […]. Il mondo del varietà è picaresco, prodigo di imprevisti e di evasioni sessuali, felice come un’infanzia […]. Uno dei meriti del film di Lattuada e Fellini ci sembra essere l’indifferenza che gli autori mostrano per quelle soluzioni drammatiche già provate da una lunga consuetudine. C’è un breve quadro verso la fine del film in cui la protagonista, finalmente seminuda sul palcoscenico (come ha sempre sognato), ringrazia con le lacrime agli occhi per gli applausi che vanno al suo corpo. È un’apoteosi feroce, che corona tutta una serie di osservazioni sul carattere dei comici, sul loro concetto del successo e dell’arte, e che pongono pertanto questo film (non senza difetti) su un piano insolito, al di sopra del genere ameno.
Ennio Flaiano, “Il Mondo”, maggio 1951
Cast and Credits
Sog.: Federico Fellini. Scen.: Federico Fellini, Alberto Lattuada, Tullio Pinelli, Ennio Flaiano. F.: Otello Martelli. M.: Mario Bonotti. Scgf.: Aldo Buzzi. Mus.: Felice Lattuada. Int.: Peppino De Filippo (Checco Dal Monte), Carla Del Poggio (Liliana Antonelli), Giulietta Masina (Melina Amour), John Kitzmiller (Johnny), Folco Lulli (Adelmo Conti), Carlo Romano (Enzo La Rosa), Franca Valeri (Mitzy). Prod.: Mario Ingrami per Film Capitolium. DCP. Bn.
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