Gio
06/07
Piazza Maggiore > 21:45
FROM HERE TO ETERNITY
Ehsan Khoshbakht
Serata promossa da Fondazione Golinelli
(In caso di pioggia, la proiezione si sposterà al Cinema Lumière)
Info sullaProiezione
Sottotitoli
Versione originale con sottotitoli
Modalità di ingresso
FROM HERE TO ETERNITY
Scheda Film
Se questo film lontano nel tempo, ancorato a inquietudini e retoriche della sua epoca, mantiene una sua ragione interna ancora nitida e toccante, è in virtù d’un paradosso. Al centro c’è un giovane uomo, solo sulla terra, solo nella corte quadrata d’una base militare, un uomo che non vuole combattere, e per non combattere sfida lusinghe, minacce, provocazioni e scherno.
Quello stesso uomo morirà, infine, nel tentativo di raggiungere il proprio posto di combattimento, che considera il suo unico posto nel mondo. Combattere vuol dire due cose, entrambe legate a potenti tradizioni americane: salire sul ring, ciò che il soldato semplice Prewitt non vuole fare più, perché anche lui, come l’anno prima il John Wayne di Un uomo tranquillo, è stato colpevole involontario d’un tragico evento; e combattere la Guerra Giusta, quella che le bombe sganciate su Pearl Harbor nell’ultima sequenza rendono un imperativo morale, quella che per tanto o troppo tempo fornirà sicuro ancoraggio all’interrogazione americana (senza punto interrogativo) why we fight.
Montgomery Clift, escluso dai premi in un film che vincerà molti Oscar, di quest’uomo sa trasmettere la tensione inesplosa, la determinazione disarmata, la lieve ottusità, i sentimenti bloccati, e ne fa una figura di misteriosa densità esistenziale. Tutt’intorno c’è un film con più tinte forti che sfumature, una sceneggiatura ritagliata con qualche rigidità dal popolare romanzo di James Jones; c’è, per dirla con un appassionato e ironico esegeta del film bellico come Claudio G. Fava, “il sapore tetro, provinciale e addormentato di quello che si sarebbe poi chiamato ‘il vecchio esercito’”, un attimo prima dell’apocalisse: e dunque il buonumore sacrificale del soldatino Frank Sinatra, e dunque la relazione torrida e sbrigativa tra il magnifico sergente maggiore Burt Lancaster (da Sergeant York e Iwo Jima, sono i sergenti, nel cinema americano, quelli che la guerra sanno farla davvero) e una Deborah Kerr dolentissima e sensualissima, entrambi i cliché portati con sicura eleganza.
Il restauro conferma quel che il ricordo collettivo di solito rivede nel segno dell’amplificazione: quella gran scena dei corpi avvinghiati, lei sopra di lui, tra la sabbia e le onde hawaiane, dura solo un secondo.
Paola Cristalli
Cast and Credits
Sog.: dal romanzo omonimo (1951) di James Jones. Scen.: Daniel Taradash. F.: Burnett Guffey. M.: William A. Lyon. Scgf.: Cary Odell, Frank Tuttle. Mus.: Morris Stoloff. Int.: Burt Lancaster (sergente Milton Warden), Montgomery Clift (Robert E. Lee Prewitt), Deborah Kerr (Karen Holmes), Donna Reed (Alma/Lorene), Frank Sinatra (Angelo Maggio), Philip Ober (capitano Dana Holmes), Mickey Shaughnessy (sergente Leva), Harry Bellaver (Mazzioli), Ernest Borgnine (sergente ‘Fatso’ Judson), Jack Warden (caporale Buckley). Prod.: Buddy Adler per Columbia Pictures Corp. DCP. Bn.
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