Alla ricerca del colore dei film: Kinemacolor e Technicolor

Programma a cura di Gian Luca Farinelli
Testi di Paola Cristalli, Miguel Marías, Andrea Meneghelli e Luke McKernan

 

Terzo anno per questa sezione, e mi è difficile pensare che non proseguirà anche il prossimo. Vedere sullo schermo dell’Arlecchino i veri colori del Technicolor è un’emozione profonda ed è come un balsamo per i nostri occhi, avvelenati da versioni digitali che, spesso, si allontanano dai colori e dalla profondità originali. Perché le copie dye transfer non hanno solo colori stupefacenti, trasparenti e brillanti, ma hanno anche bianchi lucenti e neri profondi che danno all’immagine una ricchezza e una precisione di incisione tale da indurci a pensare alla tridimensionalità.
Vari i motivi che rendono necessaria questa sezione. In primo luogo è la dimostrazione dell’importanza degli archivi di cinema, perché rende evidente che quello che conservano non è riproducibile. La riproduzione di una copia Technicolor sarà solo una pallida imitazione. Come scambiare Marilyn con Mamie van Doren o, peggio, Paris Hilton. Quindi è vero che, in linea teorica, si può replicare un festival, per esempio, sulla rete. Ma se volete vedere i colori di una copia 35mm Technicolor vintage dovrete essere all’Arlecchino subito dopo pranzo.
Dopo la performance dell’anno scorso, sappiamo che uno dei momenti irripetibili del festival sarà la séance nella quale Michael Pogorzelski ci condurrà nel laboratorio dye transfer della Techincolor di Chauenga Boulevard. Anche quest’anno l’apporto dell’Academy è determinante perché porterà a Bologna tre capolavori di Sirk, nei quali è il colore l’anima dei film. La Cinémathèque française a sua volta ci permetterà di vedere la sua copia – non un’originale del 1939, ma un’imbibizione di qualche anno successiva – di Drums along the Mohawk, primo film a colori di Ford e, come ricorda Jacques Lourcelles, “senza dubbio l’opera più ‘plastica’ di tutta la sua carriera: un susseguirsi di quadri sublimi e familiari”. Un film ancor più sorprendente se si considera che in quello stesso anno Ford realizza due capolavori del bianco e nero come Ombre rosse e Alba di gloria. Rancho Notorius proviene dalle collezioni di Jean-Pierre Verscheure, amico di lunga data del Cinema Ritrovato. Non è solo un film sublime, ma ha anche colori che s’inchiodano nella memoria anche dei più smemorati tra i cinéphiles.
Il Technicolor fu anche il regno dei direttori della fotografia. Vorrei quindi dedicare questa sezione a uno dei più grandi direttori della fotografia, Carlo Di Palma, di cui abbiamo restaurato Blow-up, film unico per invenzioni cromatiche. Un restauro digitale supervisionato da un grande direttore della fotografia del cinema italiano di oggi, Luca Bigazzi.
A completare la selezione un programma di novanta minuti di Kinemacolor, certamente il più lungo mai mostrato in un cinema dagli anni Dieci! Un programma che non si sarebbe potuto realizzare senza le tecnologie digitali e senza il lavoro attento dell’Immagine Ritrovata, con un’attenzione filologica alle imperfezioni che il sistema aveva in origine.

Gian Luca Farinelli

 

Foto: All That Heaven Allows di Douglas Sirk (1955)

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