Scazzottate in bianco e nero

Martin Scorsese ha scelto un modo del tutto nuovo di rappresentare la boxe e gli incontri pugilistici. Ispirato dalla messa in scena di Buster Keaton in Io e la boxe (Battling Butler, 1926), il regista ha voluto inserire la macchina da presa all’interno del ring (e non in posizione laterale o frontale come era stata riprese la boxe fino a quel momento) tra i due pugili. Ha imposto una lunghezza ritmica alle inquadrature, trattando la frequenza dei pugni come un sistema di battute musicali.

Girare le sequenze di combattimento fu estremamente impegnativo e difficoltoso a causa del modo in cui Scorsese le aveva immaginate e disegnate:

 “Ho disegnato tutte le scene di combattimento […] Io e Michael Chapman, l’operatore, trovavamo ogni giorno enormi difficoltà per sistemare fisicamente le macchine in modo da ottenere le inquadrature che volevamo. Inoltre dovevamo fare attenzione al fisico di Bob, per quanto riguardava la durata giornaliera delle riprese, ma devo dire che sul ring aveva un’energia straordinaria. Le riprese delle sequenze di combattimento (che nel film occupano solo 9 minuti) durarono dieci settimane ed equivalevano a quelle di dieci film messi insieme.”  

È una regia molto attenta ai dettagli, ai contrasti, alle immagini violente, con moltissime inquadrature in soggettiva, con repentini cambi di inquadratura nelle scene di lotta. I ritratti “quasi in posa” a mezzo busto ripresi con vertiginose inquadrature grandangolari sono solo alcuni degli elementi innovativi della regia di Scorsese.

Impossibile, a questo proposito, non accennare all’uso originale del bianco e nero e in Toro scatenato. L’esigenza era quella di distaccarsi dalle altre produzioni che in quegli anni trattavano il tema della boxe, contraddistinte perlopiù da colori molto accesi, insieme all’idea di far riferimento all’immaginario collettivo intorno agli incontri pugilistici degli anni Quaranta, quelli delle fotografie e dei cinegiornali, per l’appunto in bianco e nero.

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