Come suggerisce il titolo volutamente generico, questo è un film che crede nella propria originalità.
Girato da una squadra formata da quattro cameramen, Festival documenta il Newport Folk Festival di inizio e metà anni Sessanta offrendo una visione intima del folk revival tra il 1963 e il 1966. Tra gli artisti presenti spiccano leggende del gospel, del folk e del country come Joan Baez, Johnny Cash, Judy Collins, Donovan, Bob Dylan, Fannie Lou Hamer, Howlin’ Wolf, Odetta, Peter, Paul and Mary, Buffy Sainte-Marie, Pete Seeger e The Staple Singers, oltre ad altri musicisti meno noti ma fondamentali per  definire quell’epoca. Festival è decisamente più di un film concerto. Segue l’evoluzione di un movimento che avrebbe portato all’affermazione della cultura giovanile in ampi strati della società. Il film immortala il famoso momento in cui Bob Dylan passò dalla chitarra acustica a quella elettrica durante il suo set del 1965 – un gesto entrato nella storia del pop come un primo esempio di compromesso con la
musica commerciale, accusa che avrebbe perseguitato generazioni di musicisti (anche se il mito supera di gran lunga la realtà dei fatti). Da un punto di vista cinematografico, Lerner adotta un approccio da Direct Cinema, alternando riprese delle esibizioni e momenti intimi: gli incontri ravvicinati tra artisti e pubblico, le interazioni tra spettatori. È grazie a questa intimità che guardando il film si ha
l’impressione di rivivere la propria gioventù. Celebrando il potere della musica folk nel veicolare messaggi politici cruciali, Festival incarna un’epoca di ottimismo, risveglio sociale e attivismo e ritrae un momento in cui i confini tra musica, politica e cultura si facevano sempre più sfumati. Il film documenta un periodo in cui i cambiamenti sociali e culturali negli Stati Uniti si susseguivano a ritmo serrato, dando l’impressione che gli anni durassero decenni. Per tornare alla prima frase di questo testo: se Festival di Murray Lerner è un’opera profondamente originale, il terreno era stato preparato dallo straordinario e rivoluzionario Jazz in un giorno d’estate, girato sempre durante il festival di Newport ma nella sua edizione jazz del 1958.

Karl Wratschko