I film girati nella natia Ungheria dal giovane Mihály Kertész (poi noto al mondo come Michael Curtiz) sono un soggetto pochissimo esplorato, soprattutto perché quelli sopravvissuti nella loro interezza si contano sulle dita di una mano. Il nuovo restauro digitale di A tolonc aggiunge dunque un tassello molto importante, che ci permette di apprezzare un regista già dotato di sicurezza narrativa, abilità nel tratteggiare le sfumature di personaggi coinvolti in drammi di gravità robusta, una delicatezza nel tocco che rispetta le esigenze del pathos senza trasformarle in patetico. Il film è la seconda opera girata da Kertész per Jénö Janovics, già direttore del Teatro Nazionale a Kolozsvár (oggi Cluj-Napoca), nel bel mezzo della Transilvania, poi regista teatrale, e infine produttore cinematografico. Per A tolonc, Janovics fa affidamento su due aspetti che hanno sempre buone probabilità di trasformare un film in un successo: un’attrice di fama consolidata (la vedette dei palcoscenici nazionali Mari Jászai), qui chiamata a rivestire il ruolo della madre; e un’opera teatrale di grande popolarità (scritta da Ede Tóth nel 1876), incentrata sulle tribolate vicende di una cara fanciulla alle prese con la malvagità degli uomini e gli alterni disegni della sorte.
Questo muto centenario è stato ritrovato negli scantinati dell’Hungarian House, un centro culturale newyorkese. Non si sa come ci fosse finito, ma si è fatto di tutto per restituire il film al suo paese d’origine. L’avventurosa storia della resurrezione e del viaggio dell’unica copia nitrato superstite, peraltro in cattive condizioni e con una miriade di distorsioni su tutta la superficie a causa delle molte ristampe difettose eseguite all’epoca, meriterebbe di essere a sua volta oggetto di un film.