ZARBAT

Samuel Khachikian

Scen., M.: Samuel Khachikian. F.: Ghodratollah Ehsani. Scgf.: Hassan Paknejad, Ali Delpazir. Int.: Arman (Jamal), Abdollah Bootimar (dottor Kourosh Imen), Ghodsi Kashani (Shirin), Farzaneh Kazemi (Mozhgan), Jamsheed Tatar (Hossein Aghai), Reza Beik Imanverdi (Reza ‘il pazzo’). Prod.: Azhir Film Studio. DCP. D.: 95’

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Thriller tra i più morbosi di Khachikian, Zarbat inizia in realtà come un melodramma anche piuttosto noioso che mette in scena molti cliché del conflitto di classe tipici del cinema iraniano. Quasi a metà film, tuttavia, Khachikian passa ad allestire meticolosamente uno spettacolo del terrore, quasi a vendicarsi del melodramma che precede. I personaggi si muovono in una terra oscura fatta di delitti e scambi di identità. Come in altre opere di Khachikian, l’ambientazione normale e rassicurante si trasforma presto in un luogo pericoloso, in un palcoscenico sul quale allestire piaceri perversi, mentre il regista spinge fino all’astrazione gli elementi filmici. Khachikian spiega questo con il tentativo, dopo gli anni Cinquanta, di “resuscitare l’alfabeto filmico” nazionale: “Volevo salvare il cinema iraniano dal roohozi [forma teatrale popolare e grossolana]. Sin dal primo giorno non mi è mai importato del messaggio o del contenuto. Quel che volevo era un cinema preciso: azione, montaggio giusto, illuminazione, e così via”.
Storia di un povero padre di famiglia (interpretato da Arman, attore caro a Khachikian) la cui figlia è oggetto delle attenzioni di un collega corrotto e del medico curante della moglie, malata terminale, il film riprende il riuscito triangolo di Toofan. Qui, ancora una volta, le risorse finanziarie modeste si rivelano provvidenziali: grazie a uno stile eminentemente visivo e a un impiego esuberante della macchina da presa (è la prima volta che in un film di Khachikian viene usato lo zoom), il regista ricicla elementi familiari dando loro un’impronta nuova. Dal punto di vista tecnico, l’influenza di Khachikian sulla generazione successiva di cineasti può essere fatta risalire a questo film, dato che gli assistenti alla regia erano i futuri rappresentanti della nouvelle vague iraniana Masoud Kimiai e Khosrow Haritash.
Il 1965 vide lo straordinario successo di Ghanj-e Gharoun di Siamak Yasemi, film che rappresentava un ritorno al cinema ‘prealfabetico’ e azzerava tutto ciò che Khachikian aveva dato al cinema iraniano: da quel momento anche i suoi film iniziarono a mostrare i segni del compromesso e di un inarrestabile declino.

Ehsan Khoshbakht

 

Intervista a Eshan Khoshbakht curatore della rassegna

Copia proveniente da

Digitalizzazione realizzata nel 2017 presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata