THE YAKUZA
Sog.: Leonard Schrader. Scen.: Paul Schrader, Robert Towne. F.: Kozo Okazaki. M.: Thomas Stanford, Don Guidice. Scgf.: Stephen Grimes. Mus.: Dave Grusin. Int.: Robert Mitchum (Harry Kilmer), Ken Takakura (Ken Tanaka), Brian Keith (George Tanner), Eiji Okada (Tono), Herb Edelman (Wheat), Richard Jordan (Dusty), James Shigeta (Goro), Keiko Kishi (Eiko). Prod.: Sydney Pollack per Warner Bros. 35mm. D.: 123’. Col
Scheda Film
Questo film della metà degli anni Settanta, tra i migliori realizzati sull’incontro Oriente-Occidente, beneficia del profondo rispetto di Leonard Schrader per la cultura giapponese, di cui era conoscitore, della lucidità intellettuale di suo fratello Paul e del senso dello spazio di Robert Towne, che riscrisse la sceneggiatura infondendovi il proprio credo artistico (il motivo ricorrente potrebbe essere ‘let’s get lost’, come nel suo capolavoro Chinatown). Il detective Harry Kilmer torna con riluttanza in Giappone per aiutare il vecchio amico George Tanner, la cui figlia è stata rapita dalla mafia giapponese probabilmente per costringerlo a ripagare un debito. Debiti, onore e amicizia gravano inesorabili sulla storia, e Harry sbroglia faticosamente trame così infide che nemmeno lui può o vuole prevederle.
Mitchum, vicino ai sessant’anni e probabilmente alle prese con l’ultimo ruolo a cui tenesse davvero, è indimenticabile nella sua bellezza malinconica. Il film abbonda di maglioni a collo alto, occhiali da sole e pantaloni a scacchi che dicono la stanchezza della mezz’età. Ma Yakuza non è costruito solo per la star Mitchum, che si muove quasi nell’ombra degli altri co-protagonisti. Meditabondo e costantemente accigliato, Ken Takakura – celeberrimo nel suo paese – gli ruba regolarmente la scena. Allo stesso tempo però Brian Keith, Richard Jordan e l’incantevole Keiko Kishi contribuiscono non poco a far brillare Mitchum. Il ritmo è pacato, i dialoghi sono solidi e ben scritti, l’azione latita ma quando arriva è quasi scioccante, come nella scena in cui un Mitchum furente irrompe nell’ufficio di Keith in un’esplosione che ricorda House of Bamboo (La casa di bambù) di Sam Fuller.
Philippe Garnier