THE SALVATION HUNTERS

Josef von Sternberg

Scen., M., Sngf.: Josef von Sternberg. F.: Edward Gheller. Int.: George K. Arthur (il ragazzo), Georgia Hale (la ragazza), Bruce Guerin (il bambino), Otto Matiesen (l’uomo), Nelly Bly Baker (la donna), Olaf Hytten (il bruto), Stuart Holmes (il gentiluomo). Prod.: George K. Arthur e Josef von Sternberg per Academy Photoplays 35mm. L.: 1501 m. D.: 70’ a 22 f/s

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Josef von Sternberg era solito creare mondi chiusi in se stessi, con le loro regole di bellezza e coerenza artisti­ca. Il suo primo film, The Salvation Hunters, si distingue dall’antireali­smo virtuosistico che caratterizzò la sua produzione successiva – non solo quella che consacrò George Bancroft e poi Marlene Dietrich. La trama si intreccia con la Los Angeles del 1924, documentata per luoghi emblematici: il porto di San Pedro, la Los Angeles Plaza brulicante di vagabondi e disoc­cupati, i campi ancora disabitati della valle. La città non viene nominata, ma solo evocata attraverso astrazioni: il porto, la città, la campagna.

Con mezzi limitati ma grande abi­lità e intraprendenza, von Sternberg e l’attore britannico George K. Arthur realizzarono un film che divenne il loro lasciapassare per Hollywood. Von Sternberg firmò la regia, il montaggio e le scenografie trasformando il film in un poema visivo. Arthur, il protagoni­sta maschile, ottenne un contratto di distribuzione con la United Artists e recensioni entusiastiche grazie all’ap­poggio dell’amico Charles Chaplin. Chaplin affidò poi a Georgia Hale, la ‘torva bellezza’ di von Sternberg, il ruolo della luminosa protagonista di La febbre dell’oro.

Considerato il primo lungome­traggio d’avanguardia, The Salvation Hunters deve questa fama alla sua per­turbante bellezza e alla dichiarazione programmatica contenuta nei titoli di testa: “un film sul pensiero”. Ma von Sternberg non puntava al circuito del cinema d’autore: voleva diffondere a Hollywood la sua concezione dell’arte cinematografica.

“Avevo in mente un poema visi­vo” scrisse nell’autobiografia Fun in a Chinese Laundry (1965). “Al posto di un’illuminazione piatta, ombre. Al po­sto di maschere ceree, volti in rilievo, plastici e dallo sguardo profondo. Al posto di uno sfondo vacuo, uno scena­rio emotivamente intenso e capace di emergere in primo piano. Al posto di personaggi melensi, figure sobrie che si muovevano a ritmo… E, a domina­re il tutto, una macchina imponente: il protagonista del film doveva essere una draga”.

The Salvation Hunters è la storia di individui poveri e senza legami – un ragazzo, una ragazza, un bambino – costretti a vivere all’ombra del gigante­sco braccio della gru che oscilla avanti e indietro per raccogliere fango dal canale. Con l’ultimo barlume di spe­ranza i tre partono per la città, ignari dei suoi pericoli.

Janet Bergstrom

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