THE PIANIST
Sog.: dal romanzo Das Wunderbare Ueberleben (1998) di Władysław Szpilman. Scen.: Ronald Harwood. F.: Pawel Edelman. M.: Hervé de Luze. Scgf.: Allan Starski. Mus.: Wojciech Kilar. Int.: Adrien Brody (Władysław Szpilman), Thomas Kretschmann (capitano Hosenfeld), Frank Finlay (il padre), Maureen Lipman (la madre), Ed Stoppard (Henryk), Julia Rayner (Regina), Jessica Kate Meyer (Halina), Emilia Fox (Dorota). Prod.: Robert Benmussa, Roman Polanski, Alain Sarde per RP Productions, Héritage Films, Studios de Babelsberg, Runteam, StudioCanal DCP. Col.
Scheda Film
Basando il suo film su un libro autobiografico di Władysław Szpilman, pianista ebreo noto essenzialmente solo in Polonia (e anche lì soprattutto come compositore di canzoni di successo), Polanski si è dichiarato finalmente capace di filtrare i ricordi di guerra della sua infanzia attraverso una storia personale di sopravvivenza nel ghetto. […] Quando scoppiò la guerra Polanski aveva sei anni, e insieme a suo padre sfuggì ai bombardamenti di Varsavia per riunirsi con la madre nel ghetto di Cracovia. Come Szpilman, il giovane Polanski si salvò grazie alla protezione di non ebrei più o meno fidati, perse la madre (ma non il padre) nei campi di concentramento, e dopo la guerra si lasciò tutto alle spalle. Molte immagini della sua vita trovano eco nel racconto di Szpilman: la costruzione del muro del ghetto osservata dalla finestra del piano superiore; le sparatorie improvvise; il rastrellamento, con i futuri deportati riuniti in una piazza; l’impatto fisico dell’esplosione di una bomba. Tutte queste immagini sono fedelmente evocate in The Pianist, insieme al ricordo di Polanski della scampata deportazione, quando Szpilman si sente dire come se nulla fosse “Cammina, non correre”.
La natura assolutamente convincente dei dettagli è ciò che conferisce alla visione polanskiana della vita nel ghetto la sua qualità quasi allucinatoria. Ciò è in parte dovuto alle trionfali scenografie (alcune delle riprese si sono svolte nei luoghi originali, a Varsavia), ma deriva anche dai ricordi molto precisi del regista e dell’autore. […] Le descrizioni ‘scientifiche’ degli eventi rese da Szpilman […] trovano la loro perfetta controparte cinematografica nel modo diretto e infallibile in cui Polanski posiziona la sua macchina da presa. E proprio come la macchina da presa non si staccava mai dal detective interpretato da Jack Nicholson in Chinatown, facendo del film una coinvolgente esperienza soggettiva, Szpilman è praticamente il punto di riferimento costante del film. Come Catherine Deneuve in Repulsion o Polanski stesso in L’inquilino del terzo piano, Szpilman diventa una vittima solitaria e disperata di scrostati appartamenti alieni, voci inquietanti oltre le pareti, vicini minacciosi.
David Thompson