THE DEER HUNTER

Michael Cimino

Sog.: Michael Cimino, Deric Washburn, Louis Garfinkle, Quinn K. Redeker. Scen.: Deric Washburn. F.: Vilmos Zsigmond. M.: Peter Zinner. Scgf.: Ron Hobbs, Kim Swados. Mus.: Stanley Myers. Int.: Robert De Niro (Michael Vronsky), John Cazale (Stan), John Savage, (Steven), Meryl Streep (Linda), Christopher Walken (Nick), George Dzundza (John), Shirley Stoler (la madre di Steven), Chuck Aspegren (Axel), Rutanya Alda (Angela), Pierre Segui (Julien). Prod.: Michael Cimino, Michael Deeley, John Peverall, Barry Spikings per EMI, Universal. DCP. D.: 183’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

The Deer Hunter dura tre ore. La guerra nel Vietnam v’occupa la parte centrale, la più breve, oltre a un capitolo verso la fine, nelle cadenze di un’apocalisse allucinata. Recentemente soltanto il Peckinpah di La croce di ferro può sostenere il confronto con la visionaria potenza, l’orrore insostenibile, lo stralunato onirismo di queste sequenze sulla guerra come inferno e carnevale di morte. È un film, quello di Cimino, che si colloca su quella linea di espressionismo che, nel cinema americano, parte da Sternberg (e il riferimento al regista di L’isola della donna contesa, diventa inevitabile nelle scene di Saigon), passa per Welles – e, perché no?, per il Losey inglese – e arriva a un certo Peckinpah e al Coppola di Il padrino – parte seconda.

Anche la costruzione narrativa – in alternanza tra dilatazioni e compressioni dei tempi narrativi, tra esasperati indugi e scorci fulminei – è su questa linea. Così si spiega la trascinata insistenza sulla cerimonia e la festa nuziale, nel quadro di una comunità di origine russa, che occupa tanto spazio nella prima parte. È lo stesso approccio di Visconti nell’interminabile ballo del Gattopardo, e ha un’analoga funzione espressiva: un mondo di valori costituiti che sarà spazzato via, sconvolto, corrotto dalla guerra.

Chi accuserà The Deer Hunter di essere un film politicamente reazionario perché mostra le atrocità commesse dai vietcong, non avrà capito nulla per cecità. Non avrà capito che Cimino e il suo sceneggiatore Deric Washburn si pongono nei confronti della guerra del Vietnam in un atteggiamento etico, non politico. Eppure l’ossessiva insistenza sul tema della roulette russa dovrebbe aprire gli occhi anche ai più ottusi: è un tema che acquista un valore di metafora sulla guerra – su quella guerra – che cancella la linea di separazione tra ragione e follia, coraggio e ferocia, amici e nemici.

È più difficile, invece, analizzare la caccia al cervo, nelle due sequenze parallele all’inizio e alla fine del film, anch’esse immerse in clima di stupenda resa figurativa (la fotografia in Panavision è di Vilmos Szigmond), in contrapposizione alle bolge infernali del Vietnam e allo spettrale caos di Saigon. Occorreva uno straordinario coraggio morale e artistico per chiudere questa saga tragica, ribollente di urlo e furore e follia, con quel coro di God Bless America. In una compagnia di attori – tra cui, nella parte di Stan, l’amico della rivoltella, John Cazale, che morì tragicamente dopo le riprese – superbamente guidata da Cimino, c’è un De Niro al meglio della sua forma.

Morando Morandini, “Il Giorno”, 1979

Copia proveniente da

Restaurato in 4K nel 2018 da StudioCanal presso il laboratorio Silver Salt a partire dal negativo camera originale