SANATORIUM POD KLEPSYDRĄ

Wojciech Jerzy Has

Sog.: dalla raccolta di racconti omonima (1937) di Bruno Schulz. Scen.: Wojciech Jerzy Has. F.: Witold Sobociński. M.: Janina Niedźwiecka. Scgf.: Jerzy Skarżyński, Andrzej Płocki. Mus.: Jerzy Maksymiuk. Int.: Jan Nowicki (Józef), Tadeusz Kondrat (Jakub), Irena Orska (madre di Józef), Halina Kowalska (Adela), Gustaw Holoubek (dottor Gotard), Mieczysław Voit (il capotreno cieco), Bożena Adamek (Bianka), Ludwik Benoit (Szloma). Prod.: Zespół Filmowy „Silesia”. DCP. D.: 124’. Col.

info_outline
T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

“Il tempo è troppo stretto per contenere tutti gli eventi?” si chiede Józef, la cui visita al padre morto – eppure paradossalmente ancora vivo – nel sanatorio che da il titolo al film fa da ricco scenario per questa traversata espressiva e disorientante tra memoria, tempo e morte. Tratto dalla raccolta di racconti omonima dell’autore ebreo Bruno Schulz – la cui opera ha ossessionato Has durante l’infanzia – Sanatorium pod klepsydrą rielabora il testo in qualcosa di molto meno lineare, assemblando diverse parti dei racconti di Schulz con una logica che rima, si dilata e si contrae. Mentre Józef si muove all’interno del sanatorio (dove il medico apparentemente solitario gli dice che il tempo viene “riportato indietro”), ogni stanza sembra scaraventarlo in ricordi d’infanzia distorti, esperienze sessuali formative e indovinelli da fiaba, tutti in spazi impossibili collegati tra loro da un montaggio che segue la logica del sogno più che la geografia. Formalmente seducente – e lugubremente divertente – anche quando destabilizza con il suo surrealismo provocatorio e sconcertante e la sua illogicità narrativa, il film è attraversato dalle tonalità invernali del blu e del verde filmate da Has e dal direttore della fotografia Witold Sobociński; immagini splendide, ma intrise di un opprimente, fatale presagio che si annida in ogni fotogramma del film. Nonostante non abbia fama di essere apertamente politico come alcuni suoi colleghi, Has dialoga qui in modo altrettanto profondo con la storia polacca del Ventesimo secolo. Le allusioni surreali all’Olocausto sono frequenti, affiorano improvvise e senza enfasi, affiancandosi a scene della Polonia prebellica tratte dai testi di Schulz e dai ricordi personali del regista. La storia recente della Polonia si frantuma sullo schermo in modo indecifrabile. Morti e tragedie, sia personali che collettive, permeano ogni inquadratura. Forse, allora, per Has la gabbia di una logica narrativa lineare era davvero “troppo stretta per contenere tutti questi eventi”. Era necessario stravolgerli, svuotarli di logica, renderli onirici per poterli affrontare.

Will Watt

Copia proveniente da

Restaurato in 4K nel 2023 da Wytwórnia Filmów Dokumentalnych i Fabularnych e Filmoteka Narodowa presso il laboratorio Fixafilm, a partire dai negativi originali. Restauro sonoro effettuato presso il laboratorio Toya Studios. Con il sostegno di Polski Instytut Sztuki Filmowej