REMEMBER LAST NIGHT?

James Whale

Sog.: dal romanzo The Hangover Murders di Adam Hobhouse. Scen.: Harry Clork, Doris Malloy, Dan Totheroh, Murray Roth. F.: Joseph Valentine. M.: Ted Kent. Scgf.: Charles D. Hall. Mus.: Franz Waxman. Int.: Edward Arnold (Danny Harrison), Robert Young (Tony Milburn), Constance Cummings (Carlotta, sua moglie), George Meeker (Vic Huling), Sally Eilers (Bette, sua moglie), Reginald Denny (Jake Whitridge), Louise Henry (Penny, sua moglie), Arthur Treacher (il maggiordomo), Gustav von Seyffertitz (prof. Karl Jones). Prod.: Carl Leammle Jr. per Universal Pictures Corp.. 35mm. D.: 81’.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Dopo La moglie di Frankenstein James Whale girò questa commedia nera altrettanto caustica, anche se la simpatia provata per il mostro solitario di Boris Karloff non trova qui equivalenti nell’atteggiamento del regista verso i suoi personaggi, un gruppo di gaudenti newyorkesi pesantemente dediti all’alcol che dopo una baldoria trovano morto uno di loro e non hanno alcun ricordo di come sia successo. Whale sembra smontare deliberatamente L’uomo ombra proponendo un’altra coppia di investigatori alticci (Robert Young e Constance Cummings). Se i due sembrano trovarsi reciprocamente piacevoli, il pubblico non può dire altrettanto: sfacciatamente razzisti, apertamente sprezzanti nei confronti dei servitori (ed è forse il maggiordomo inglese interpretato da Arthur Treacher a rappresentare il punto di vista di Whale, con i sarcastici commenti borbottati dietro le spalle dei suoi datori di lavoro), spaventosamente egoisti, Young, Cummings e i loro amici (tra i quali Reginald Denny, uno dei principali divi della Universal negli anni Venti, di ritorno ai vecchi studios per un ruolo da caratterista) sembrano una caricatura della decadenza capitalista. Come scrisse il recensore del “New York Times”: “Probabilmente non era nelle intenzioni della Universal Pictures offrire argomenti a favore dell’astinenza, ma il comportamento imbecille dei crapuloni del film basterebbe da solo a riscuotere l’approvazione dell’Unione femminile cristiana per la temperanza quale esempio degli orrori dell’alcolismo”.
Il film è dominato da un set gigantesco che rappresenta la casa di Long Island in cui la coppia di protagonisti trascorre i fine settimana, una residenza che sembra rivaleggiare con il Radio City Music Hall sia per le dimensioni che per lo sfarzoso design art déco. Come sempre Whale sfrutta al massimo le interconnessioni tra gli spazi del set, con la macchina da presa che volteggia attraverso le pareti seguendo gli attori da una stanza all’altra e da un piano all’altro. Quando entra in scena Gustav von Seyffertitz, per rovistare con le sue abilità di ipnotista nei cervelli annebbiati dei personaggi, Whale scivola argutamente nell’auto-parodia, in un turbine di ombre e di angolature sghembe che evoca lo stile gotico di Frankenstein.

Dave Kehr

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