RANCHO NOTORIOUS
Sog.: Silvia Richards. Scen.: Daniel Taradash. F.: Hal Mohr. Scgf.: Wiard Ihnen. Mus.: Emil Newman. Int.: Marlene Dietrich (Altar Keane), Arthur Kennedy (Vern Haskell), Mel Ferrer (Frenchy Fairmont), Gloria Henry (Beth Forbes), William Frawley (Baldy Gunder), Lisa Ferraday (Maxine), John Raven. Prod.: Howard Welsch per Fidelity Pictures. 35mm. D.: 85’. Technicolor.
Scheda Film
Rara opportunità per ammirare nel suo splendore originale Rancho Notorious, uno dei tanti grandi film diretti da Fritz Lang e il terzo, ultimo e migliore dei suoi western. Poiché era distribuito dalla RKO e per anni non fu efficacemente protetto dal diritto d’autore, la maggior parte delle edizioni in videocassetta o Dvd (in diversi paesi) era caratterizzata da un colore estremamente sbiadito e al contempo troppo scuro, mentre il film fu fotografato dal grande Hal Mohr con un magnifico e audace impiego del Technicolor che influenzò forse l’uso ancora più sgargiante del Trucolor in Johnny Guitar (1954) di Nicholas Ray.
Film all’epoca molto innovativo nel suo genere, oggi ci appare come una delle migliori (e meno irrazionali) variazioni sul tema della vendetta esplorato da vari film di Lang e da molti western, con un cast insolito (Arthur Kennedy nel ruolo del protagonista, affiancato da Marlene Dietrich e Mel Ferrer) e una struttura narrativa piuttosto strana che si articola in tre flashback che contribuiscono a costruire la reputazione mitica e misteriosa del personaggio di Altar Keane (Dietrich) e a ‘contaminare’ il western con elementi tipici del thriller e del melodramma. La scelta di una ballata per commentare e guidare la narrazione fu forse anch’essa fonte di ispirazione per Ray, stavolta in La vera storia di Jess il bandito (1957).
Se il film non risulta minimamente invecchiato il merito va forse anche a Silvia Richards, sceneggiatrice dalla carriera saltuaria che scrisse (almeno) il soggetto originale (la sceneggiatura fu attribuita a Daniel Taradash), e che per Lang aveva già scritto Dietro la porta chiusa (1947). Ex comunista e dunque finita più o meno nella lista nera o grigia intorno al 1952, scrisse anche (almeno in parte) Anime in delirio di Curtis Bernhardt, Tomahawk di George Sherman e soprattutto Ruby fiore selvaggio di King Vidor, tutti film molto interessanti caratterizzati da personaggi femminili forti e assertivi.
Miguel Marías