MAHARADJAHENS YNDLINGSHUSTRU

Robert Dinesen

Scen.: Svend Gade. F.: Sophus Wangøe. Int.: Gunnar Tolnæs (il maragià), Lilly Jacobsson (Elly von Langen), Carlo Wieth (Kuno von Falkenberg), Thorleif Lund (colonnello von Langen), Jonna Anker Kreutz (la moglie del colonnello), Edith Barré (Senta von Langen). Prod.: Nordisk Films Kompagni  35mm. L.: 1318 m. D.: 64’ a 18 f/s. Bn

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

All’inizio del 1917 la “Paimann Weekly Film-List” raccomandava ai suoi iscritti, gli esercenti austriaci, di prenotare l’ultimo film di Robert Dinesen: “La storia è appassionante e molto drammatica; recitazione e fotografia sono eccellenti, i set magnifici e le scene dell’harem di prima qualità”. Maharadjahens yndlingshustru, una produzione Nordisk, sbancò davvero i botteghini dovunque venne distribuito, e se pure le scene dell’harem certo non guastarono, l’attrattiva principale del film era l’intreccio fiabesco. Elly, una semplice ragazza europea, conquista l’amore di un principe indiano, bello e favolosamente ricco. Nell’harem, struttura patriarcale dei privilegi maschili, Elly assurge a una posizione di alto rango, come tale presentata dalla logica dell’happy end: è la più amata di numerose mogli. L’attore norvegese Gunnar Tolnæs, adorno di gioielli e decorazioni militari nella sua tenuta da maragià, si guadagnò un’immensa popolarità e il suggestivo soprannome di ‘maragià preferito dalle donne’. L’incrocio razziale resta impunito in questo film, contrariamente a quel che accade in altre produzioni americane, simili per tema ma razziste: l’asiatico che desidera la donna bianca deve morire in The Cheat (I prevaricatori, 1915), mentre non sembra far problema il fatto che The Sheik (Lo sceicco, 1921) sia uno stupratore, una volta che si è appurato che dopotutto si tratta d’un bianco. Ci sarebbe voluto un grande scrittore come E.M. Forster per ridurre la fantasia ‘uomini dalla pelle scura brucianti di desiderio per donne bianche’ a quello che è, un parto dell’immaginazione occidentale. Detto tra parentesi, Forster aveva trascorso alcuni anni in India come segretario privato del maragià di Dewas prima di pubblicare Passaggio in India (1924).

Mariann Lewinsky

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