LE CENTRE GEORGES POMPIDOU
F.: Néstor Almendros, Emmanuel Machuel, Jean César Chiabaut. M.: Véritable Silve, Colette Le Tallec, Dominique Faysse. Prod.: Jacques Grandclaude, la Communauté de Cinéma (Création 9 Information) con la partecipazione del Ministère des affaires étrangères. DCP. D.: 57’. Col.
Scheda Film
Dalla prima all’ultima inquadratura il movimento sullo schermo non si ferma un attimo, gestito da Rossellini in persona. Perché è proprio lui a dirigerlo o, più esattamente, a zoomarlo. Un’invenzione tecnica che esaudisce il suo desiderio più segreto, espresso fin dai tempi di Roma città aperta: restituire attraverso il cinema la perenne, vibrante inquietudine della vita, in continua tensione con l’esistenza.
L’esistenza vorremmo averla tutta per noi, possederla e immaginarcela, costruirla, esserne i proprietari, trovarvi un posto, dal momento che essa dispone di una durata, è una durata, la più lunga durata possibile.
Perché la vita è – è unicamente – incertezza. Non è durata, è solo una successione di istanti che si manifestano per caso. E invita in permanenza una perpetua co-nascenza.
È così che Rossellini filma il Centre Pompidou. Prima, zoom all’indietro sui tetti di Parigi. Poi, ingresso da intruso in quell’architettura di tubi e acciaio che congiura (jure) – spergiurando (injurie), si osava dire all’epoca – con la mente e il corpo dell’illustre capitale. Sennonché il movimento dello zoom comporta il movimento della popolazione curiosa, divertita, scettica, che prende possesso del luogo, dei suoi molteplici spazi, animati e vivificati ancora una volta dal gioco dello zoom. Visitiamo il Centre, lo percorriamo, per così dire, con una camera che, più che una compagna, è una vicina intenta a scoprire, catturare o ignorare insieme a noi frammenti o momenti del sapere che vi si espone. Non è ancora lecito parlare di conoscenza. Solo di riconoscenza, nel senso di riconoscimento. L’occhio, estremamente mobile, coglie al volo, senza accorgersene, una scultura, un quadro, una “modernità”, mentre la camera segue l’abituale movimento del cineasta. E s’innalza, si eleva. Fino alla rivelazione. Duplice. La conoscenza incontra il sapere per nutrirsene. E – ultima inquadratura, ultimo zoom all’indietro – il Centre Pompidou si integra con Parigi, le infonde lo spirito della modernità, vivifica lo spirito della città e del suo paese.
Jean Douchet