KOMISSAR

Aleksandr Askol’dov

Sog.: dal racconto V gorode Berdičeve di Vasilij Grossman. Scen.: Aleksandr Askol’dov. F.: Valerij Ginzburg. M.: Natal’ja Loginova, Svetlana Ljašinskaja, Nina Vasil’eva. Scgf.: Sergej Serebrennikov. Mus.: Al’fred Šnitke. Int.: Nonna Mordjukova (Klavdija Vavilova), Rolan Bykov (Efim Magazannik), Raisa Nedaškovskaja (Marija Magazannik), Ljudmila Volynskaja (nonna), Vasilij Šukšin (comandante). Prod.: Galina Belinskaja, B. Dokučaev per Kinostudija Gor’kogo. DCP. D.: 106’. Bn

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Primo e unico film scritto e diretto da Aleksandr Askol’dov, e tratto da un racconto di Vasilij Grossman ambientato nella natia Berdyčiv. Grossman era autore inviso a Chruščëv, e il suo capolavoro Vita e destino, sequestrato nel 1960, si salvo per un soffio dalla distruzione (uscito rocambolescamente dall’URSS, verrà pubblicato per la prima volta solo nel 1980 in Svizzera). Stessa sorte tocco a Komissar, come molti altri finito preda della stagnazione e liberato solo dopo la perestrojka di Gorbačëv. Vedendolo non e difficile capirne i motivi: le accuse di filosionismo che lo fecero sparire per due decenni nascondono in realtà gli echi del feroce antisemitismo stalinista. Quando, finalmente ‘scongelato’, venne presentato a Berlino nel 1988, a un passo dalla caduta del muro, vinse l’Orso d’argento: premio politico, certo, ma non solo, perché la parabola della compagna Vavilova che, durante la guerra civile con i Bianchi, viene lasciata a partorire nella casa del povero artigiano ebreo Efim, e storia universale di violenza e sofferenza, di illusioni per cui vivere, di ideali per cui morire. Il disincanto e il sentimento principale che attraversa il film: disincanto dei soldati del reggimento, armata a cavallo di babeliana memoria; disincanto di Efim, consapevole che un regime sostituisce l’altro, e che spesso le colpe ricadono sempre sugli stessi agnelli sacrificali; soprattutto, disincanto della protagonista, imbevuta di retorica in pubblico e sempre meno convinta nel privato, nonostante il sacrificio finale. Troppo simbolico, onirico, mistico, troppo debitore alle nouvelle vague occidentali per piacere ai nostalgici del realismo socialista, troppo esplicito e sincero nel raccontare la realtà, in particolar modo la miseria del piccolo villaggio, per soddisfare la retorica del partito. Troppo attuale, ancora oggi, con i suoi bambini che giocano a fare i soldati e i soldati bambini appena piu grandi di loro che si muovono sul confine incerto tra Russia e Ucraina, per non colpire al cuore.

 

Gianluca De Santis

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