HABEAS CORPUS
T. it.: Paura al cimitero. Sog.: Leo McCarey. F.: Len Powers. M.: Richard Currier. Int.: Stan Laurel (Stan), Oliver Hardy (Ollie), Richard Carle (professor Padilla), Charlie Rogers (detective Ledoux/maggiordomo), Leo Sulky (detective al telefono), Chester A. Bachman (poliziotto). Prod.: Hal Roach per Hal Roach Studios. DCP. D.: 21’. Bn.
Scheda Film
Quando Laurel & Hardy si cimentano col gotico, si innesca un surplus di solidarietà umana, un assottigliamento del distacco che ci separa da loro. Si intrufolano in un cimitero nel cuore della notte e hanno paura: esattamente come la maggior parte di noi. In molte altre occasioni si troveranno a dover portare a termine dei lavoretti che marciano ineluttabilmente verso lo sfacelo. Solo che questa volta non c’è da consegnare un pianoforte a domicilio, ma da dissotterrare un cadavere a beneficio della scienza. O presunta tale, visto che il professorone che li ingaggia lascia subito trapelare qualche sospetto sulla sua salute mentale usando le tasche della giacca come posacenere. Il grumo di disagio che può coglierci vendendo i nostri eroi alle prese con una pratica tanto abietta (complice magari la suggestione dei successivi Frankenstein e La jena) getta su Habeas Corpus una strana sfumatura viscosa che lo arricchisce. Le gag, comunque, sono ottime e abbondanti. Alcune (vedi gli scherzi che fa l’eco quando batti le mani al camposanto) approfittano delle potenzialità già offerte dal sonoro. Nello specifico, dal sistema Vitaphone, che permetteva la sincronizzazione delle immagini con le musiche e gli effetti sonori registrati su disco.
Andrea Meneghelli