DIE ROSE VON STAMBUL
Sog.: dall’operetta omonima (1916) di Leo Fall. Scen.: Julius Brammer, Alfred Grünwald. F.: Ernst Plhak. Scgf.: Ernst Stern. Int.: Fritzi Massary (Kondja Gül), Felix Basch (Achmed Bey/André Léry), Ernst Pittschau (barone Rangen), Gustav Botz (Kemal Pascha), Franz Groß. Prod.: Rudolf Dworsky per Amboß-Film Dworsky & Co DCP. D.: 74’. Bn.
Scheda Film
Leo Fall fu uno dei compositori di operette più famosi del suo tempo e Die Rose von Stambul riscosse un grande successo alla prima viennese del 1916. Il personaggio di Achmed Bey con la sua doppia identità segreta (si cela infatti anche sotto lo pseudonimo di André Léry) incarna simultaneamente i ruoli tradizionali dell’Impero ottomano e la mentalità progressista e orientata all’Occidente. Nel frattempo, la protagonista Kondja Gül, musulmana, compie una transizione da sposa velata costretta a subire un matrimonio combinato a eroina liberata dal metaforico harem, incarnando un’immagine moderna della femminilità. I due protagonisti vivono sia la dimensione ufficiale e rispettabile del matrimonio, sia l’avventura erotica dell’amore romantico. L’esotismo dello spettacolo soddisfaceva il desiderio di evasione di un pubblico provato dalla Prima guerra mondiale. In quanto operetta viennese in cui gli amanti, dopo aver assimilato i valori culturali occidentali, si trasferiscono infine in un contesto europeo, l’esotismo riafferma e consolida l’identità culturale del vecchio continente – un fenomeno che ritroveremo in Il paese del sorriso (Das Land des Lächelns) di Franz Lehár. Kondja Gül, la moderna ‘rosa’, era interpretata da Fritzi Massary, cantante viennese passata dal ruolo di soubrette a quello di grande diva dell’operetta. Massary trionfò al teatro Metropol di Berlino, esibendosi in numerose operette composte da Leo Fall e Oscar Straus, e raggiunse l’apice della fama negli anni Venti. Fu apprezzata non tanto come soprano puro quanto come diseuse, una cantante capace di restituire i brani con un’interpretazione espressiva, quasi parlata. Con il suo carisma scenico, il suo istinto drammatico e la sua audace sensualità conquistò il pubblico e la critica. La primadonna sapeva trasmettere sfumature erotiche, trasformando abilmente i doppi sensi dei testi in qualcosa di sottile e significativo che andava oltre la semplice provocazione. La sua arte non risiedeva nel virtuosismo canoro, ma nell’ironia espressiva.
Sawako Ogawa.
La versione cinematografica gioca abilmente sul suo rapporto con lo spettacolo teatrale, per cui ho tentato di utilizzare il più possibile la musica dell’operetta. Non è stato semplice, perché nel film ci sono molte differenze rispetto alla versione teatrale, compreso il fatto che André Léry da scrittore diventa compositore: questa scelta rende il film molto ‘meta’, perché Lery compone alcune musiche dell’operetta stessa, inclusa la celebre Ein Walzer muss es sein, che potrete ascoltare splendidamente interpretata dalla protagonista del film e dell’operetta Fritzi Massary, in una delle due registrazioni del 1917.
John Sweeney