DESTRY RIDES AGAIN
Sog.: dal romanzo omonimo (1930) di Max Brand. Scen.: Felix Jackson, Gertrude Purcell, Henry Myers. F.: Hal Mohr. M.: Milton Carruth. Scgf.: Jack Otterson. Mus.: Frank Skinner. Int.: Marlene Dietrich (Frenchy), James Stewart (Thomas J. Destry Jr.), Mischa Auer (Boris Callahan), Charles Winninger (Washington Dimsdale), Brian Donlevy (Kent, il proprietario del saloon), Allen Jenkins (Gyp Watson), Warren Hymer (Bugs Watson), Irene Hervey (Janice Tyndall), Una Merkel (Lily Belle Callahan), Billy Gilbert (‘Loupgerou’). Prod.: Joe Pasternak per Universal Pictures Co.. DCP 4K. D.: 95’. Bn.
Scheda Film
Ben prima dello slogan hippy “fate l’amore, non fate la guerra”, questo western spassosissimo si fece portatore di un messaggio pacifista proprio mentre le truppe tedesche invadevano la Polonia. Ma non occorre un messaggio per farsi sedurre dalla storia di Frenchy, cinica ballerina di saloon che si innamora di Tom Destry, garbato e pacifista aiutante dello sceriffo nella violenta e selvaggia cittadina del West chiamata Bottleneck.
Quando un film offre uno spettacolo così gratificante ci si dimentica del talento con cui è stato realizzato. George Marshall mise insieme la lezione imparata con Laurel & Hardy e l’esperienza fatta dirigendo Tom Mix. Destry Rides Again si basava proprio sul primo talkie di Tom Mix, del 1932, ma i cambiamenti furono così drastici che di quel film rimase solo il titolo.
A prevalere fu una sana dose di improvvisazione. La sceneggiatura era tutt’altro che completa mentre la produzione avanzava ai ritmi frenetici di un film di serie B. Il risultato? Il più bel western comico di sempre. A giudicare da questo film e da You Can’t Cheat an Honest Man, il 1939 è forse l’anno migliore della carriera sessantennale di Marshall. Il regista tenterà di bissare il successo con il remake shot-for-shot Destry (La storia di Tom Destry, 1954). Una delle principali differenze tra l’intramontabile originale e la noiosa copia è il senso dello spazio e della composizione, specie nelle scene del saloon. Qui il rapporto tra l’azione e il luogo è sempre estremamente inventivo, e la baraonda nel locale viene filmata alternando inquadrature dall’alto e campi medi con una profondità di fuoco degna di un altro western classico del 1939, Ombre rosse.
Il film è esaltato dalle stellari presenze di Marlene Dietrich e James Stewart. Lui era un divo in ascesa, lei una figura tormentata che mancava dallo schermo da due anni. Per Dietrich era un rischio da correre, se voleva liberarsi dell’immagine di eterea bionda berlinese cristallizzata dalle collaborazioni con Josef von Sternberg. Erano lontani i giorni dell’illuminazione dall’alto e dei filtri diffusori. Era giunto il momento delle zuffe da saloon!
Ehsan Khoshbakht