CLASSE TOUS RISQUES

Claude Sautet

og.: dal romanzo omonimo (1958) di José Giovanni. Scen.: José Giovanni, Claude Sautet, Pascal Jardin. F.: Ghislain Cloquet. M.: Albert Jurgenson. Scgf.: Rino Mondellini. Mus.: Georges Delerue. Int.: Lino Ventura (Abel Davos), Sandra Milo (Liliana), Jean-Paul Belmondo (Erik Stark), Marcel Dalio (Arthur Gibelin), Jacques Dacqmine (commissario Blot), Claude Cerval (Raoul Fargier), Michel Ardan (Henri Vintran/Riton), Simone France (Thérèse Davos), Michèle Méritz (Sophie Fargier), Evelyne Ker (figlia di Gibelin). Prod.: Robert Amon, Jean Darvey per Zebra Film, Films Odéon, Filmsonor, Mondex Films. DCP. Bn.

info_outline
T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Qui, prima ancora che nelle opere maggiori di Melville, stanno le vere origini del moderno poliziesco europeo. Origini che dobbiamo dunque a Claude Sautet – alle cui successive esplorazioni della classe media il film è profondamente legato – e a José Giovanni, il cui contributo ad altri due capolavori come Il buco e Tutte le ore feriscono… l’ultima uccide fu altrettanto decisivo. Tutta la grandezza di Sautet è già presente in questo primo film, che inizia come una saga familiare e presto diventa una profonda indagine sulla perdita e sul prezzo del crimine, con le sue conseguenze emotivamente intollerabili. I volti di Lino Ventura e di Jean-Paul Belmondo illuminano lo schermo e ci ricordano quale favoloso regista di attori sia sempre stato Sautet.
Abel Davos vuole tornare con la sua famiglia in Francia. Da Milano manda moglie e figli piccoli alla frontiera, dove attendono ansiosamente il suo arrivo. Quando Abel finalmente appare, la moglie gli corre incontro e lo abbraccia: “Abel, non ne potevo più”. I soldi per il viaggio non ci sono e Abel conosce “solo un modo per procurarseli”: insieme a un amico compie una brutale rapina. Dopo la sparatoria con la polizia, la figura di Davos chino sulla moglie si distingue appena nell’oscurità, visione rapida e tragica. Poi la scena degli investigatori sulla spiaggia ha di nuovo un tono da reportage.
Davos si ritrova a essere l’unico genitore di due bambini che non può nemmeno incontrare. Le giornate scorrono via e sono già notti, in un’indistinta terra di confine. L’approccio è hemingwayano, ogni traccia d’emozione eliminata. Si va dritti al punto. Pure, scene rese con immagini fulminee acquistano la più grande risonanza emotiva. I personaggi sono come nomadi in riva al mare, in immagini che ricordano Fellini e in particolare La strada.
A questo punto Davos decide di costruire, con i frammenti disperati che gli restano, una felicità e un futuro per i suoi figli, una vita dalla quale lui sarà escluso. Lucidamente si prepara a recitare la parte che gli spetta nel copione della propria vita, storia di autodistruzione annunciata in un mondo dominato dal tradimento e dai codici d’onore. E in quella parte troverà la misura di se stesso.

Peter von Bagh, da Rikoksen hehku [Il calore del crimine], Otava, Helsinki 1997. A cura di Antti Alanen

Copia proveniente da

Restaurato in 4K HDR Dolby Vision da TF1 Studio presso il laboratorio Éclair Classics, a partire dal negativo originale e dal negativo sonoro francese. Con il sostegno di CNC – Centre national du cinéma et de l’image animée, Coin de Mire Cinéma e OCS