BUSHMAN
Scen.: David Schickele. F.: David Myers. M.: Jennifer Chinlund, David Schickele. Int.: Paul Eyam Nzie Okpokam (Bushman), Elaine Featherstone (Alma), Lothario Lotho (fratello di Alma), Ann Scofield (ragazza conosciuta al bar), Jack Nance (Felix), David Schickele (Mark), Donna Michelson (Diane), Patrick Gleeson (Marty). Prod.: The Bushman Company, The American Film Institute. DCP. D.: 73’. Bn.
Scheda Film
Carrellata a seguire di un ragazzo che cammina di spalle lungo il ciglio di una strada leggermente in salita. Mani in tasca, avanza a piedi nudi con un paio di Converse in testa. I rumori d’ambiente e l’abbaiare fuori campo di un cane vengono inghiottiti dal suono delle percussioni e dei canti tribali. La macchina da presa stringe lentamente su di lui, che si volta facendo il gesto dell’autostop. Sul suo primissimo piano la colonna sonora fonde magnificamente armonie tribali, percussioni yoruba e il suono di un clavicembalo che esegue il Terreno in do minore di Henry Purcell. La musica qui introduce i due luoghi del racconto (Stati Uniti e Nigeria) le cui immagini – presente, ricordi, rievocazioni – si susseguiranno durante tutto il film delineando l’identità di Gabriel, il protagonista. Tutta la colonna sonora procede per contaminazioni: compositore e polistrumentista (come il più noto fratello Peter), David Schickele le affida il compito di sostenere e articolare, anche emotivamente, il discorso culturale e razziale.
“1968: Martin Luther King, Robert Kennedy, Bobby Hutton sono tra i morti recenti” – leggiamo in sovrimpressione seguendo nuovamente il ragazzo di spalle, e poi in montaggio parallelo due bambini in una foresta che portano delle giare in testa: “In Nigeria la guerra civile sta entrando nel secondo anno e non si intravede la fine”. Il fumo bianco delle fabbriche contro il cielo abbagliante del mattino lascia intravedere il profilo di San Francisco mentre il ragazzo trova finalmente chi gli dà un passaggio. Siamo appena al terzo minuto del film quando il dialogo tagliente con il biker – a metà tra Borom Sarret di Sembène e la parodia di Easy Rider – sovverte il tono del prologo.
Guardando al cinéma vérité, alle nouvelle vague europee, al primo Cassavetes, ma anche all’esperienza dei pionieri africani come Sembène, Ecaré, o Hondo, Schickele non condanna solo l’America reazionaria e razzista che incastrerà con un pretesto Gabriel, ma anche quella liberale degli intellettuali progressisti che citano McLuhan e Malraux ma inciampano nella retorica fraintendendo il senso profondo dell’esperienza umana. Con ironia, poesia e leggerezza, Bushman ci conduce nelle tenebre di un’odissea annunciata. E per giorni non si riesce a pensare ad altro.
Cecilia Cenciarelli
Restaurato in 4K nel 2022 da University of California, Berkeley Art Museum, Pacific Film Archive e The Film Foundation a partire dai negativi originali. Il restauro è stato eseguito da Corpus Fluxus presso Illuminate Hollywood (immagine), Audio Mechanics (suono) e presso il laboratorio Fotokem. Con il sostegno di Hobson/Lucas Family Foundation e il contributo di Peter Conheim, Cinema Preservation Alliance