Bhowani Junction
T. It.: Sangue Misto; Sog.: Da Un Romanzo Di John Masters; Scen.: Sonya Levien, Ivan Moffat; F.: Freddie A. Young; Mo.: George Boemler, Frank Clarke; Scgf.: John Howell; Cost.: Elizabeth Haffenden; Mu.: Miklós Rózsa; Int.: Ava Gardner (Victoria Jones), Stewart Granger (Col. Rodney Savage), Bill Travers (Patrick Taylor), Abraham Sofaer (Surabhai), Francis Matthews (Ranjit Kasel), Marne Maitland (Govindaswami), Peter Illing (Ghanshyam – Davay), Edward Chapman (Thomas Jones), Lionel Jeffries (Tenente Graham Mcdaniel); Prod.: Pandro S. Berman Per Metro-Goldwyn-Mayer; Pri. Pro.: 1 Maggio 1956; 35mm. L. 2999 M. D.: 110′. Col.
Scheda Film
L’India a Hollywood significava un grandioso Cinemascope, epiche e colorite scene di massa e naturalmente star (Ava Gardner in gran forma, in una delle sue interpretazioni più piacevoli e affascinanti). Si tratta certamente di un prodotto imperfetto e gravemente penalizzato dalla produzione, ma è comunque un film che amiamo profondamente. Benché privo del privilegio del final cut, si tratta di un vero e proprio film d’autore per George Cukor, una sorta di credo nei valori della tolleranza e della comprensione umana ed espressione di una grande imparzialità (che fa pensare ai principi di Jean Renoir), in un contesto di conflitti sociali e individuali.
È un film sull’India alla vigilia della propria indipendenza, in un periodo in cui violenza, ribellione e insurrezione armata erano dietro l’angolo; ma è anche una splendida storia d’amore, senza alcuna frattura innaturale tra i vari elementi. Sogni ed emozioni fanno parte di un grande affresco in cui non si ha mai la sensazione di trovarsi davanti a qualcosa di artificialmente costruito e sovrapposto. Le sequenze epiche possiedono lo stesso ardore di quelle intime e passionali, nella piena consapevolezza delle qualità apportate al film da attori particolarmente carismatici. Ava Gardner aveva già interpretato ruoli di meticcia, in particolare quello di Julie nella versione di Show Boat di George Sidney (1951). Anche in questo caso la sua identità di star, spesso enfatizzata dalla presenza di veli, da un aspetto familiare e nello stesso tempo misterioso, dall’unione di elementi americani ed esotici – come nella famosa immagine del pure animal dà vita a un’affascinante commistione. Di Stewart Granger presentiamo quest’anno anche un altro film, The Man in Grey, che ne segna i debutti. Qui ci troviamo invece in uno dei momenti culminanti della carriera dell’attore, tra i quali ricordiamo anche Scaramouche (1952) e Moonfleet (1955).
Peter von Bagh