BADOU BOY

Djibril Diop Mambéty

Scen.: Djibril Diop Mambéty. F.: Baidy Sow. M.: Andree Blanchard. Mus.: Lato Dramé. Int.: Lamine Ba (Badou Boy), Al Demba Ciss (il brigadiere Al), Christoph Colomb (un amico), Aziz Diop Mambéty (il proprietario). DCP. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Questo restauro fa parte dell’African Film Heritage Project, creato da The Film Foundation, FEPACI e UNESCO – in collaborazione con Cineteca di Bologna – a sostegno del restauro e della diffusione del cinema africano.

A meno di due anni dal suo cortometraggio d’esordio, Djibril Diop Mambéty (1945-1988) torna nelle strade di Dakar. Lo fa con lo stesso piglio sarcastico mettendo in scena un ‘guardie e ladri’ subsahariano dal profumo chapliniano: “Questo monello di strada privo di una vera morale mi assomiglia moltissimo”, dirà. A differenza di una precedente versione del film girata in bianco e nero cinque anni prima, qui Mambéty dipinge la sua storia con colori saturi e sontuosi, che da questo momento in poi saranno al centro della sua cifra stilistica esplosiva e visionaria.
Bastano pochi minuti di Badou Boy per cogliere la portata del talento di Mambéty. È evidente che alla sua seconda prova dietro la macchina da presa Djbril – l’extraterrestre, l’anarchico, il poeta, la “cometa più bella del nuovo cinema africano” – avesse ben chiara una sua personale idea di cinema. A cominciare dai titoli di testa, scanditi dalla musica ipnotica di Lato Dramé, in cui lo vediamo, tra un ciak e l’altro, dirigere la troupe, svelando la finzione prima ancora che la storia abbia inizio. “Faccio film per mentire” – risponderà a un giornalista di “Libération” – “per rivelare la verità attraverso l’illusione”.
La verità di Mambéty è nelle strade di Kolobane, in un Senegal finalmente indipendente ma già preso negli artigli della corruzione e della neocolonizzazione; nella camminata sbilenca dei vagabondi, nelle profezie dei griot, nelle fogne a cielo aperto, nelle casupole di lamiera e nell’orgogliosa, imperitura vitalità della gente comune.
L’illusione è per lui, fin da bambino, sinonimo di cinema. Dalla passione per le ombre cinesi ai film origliati fuori dai cinema – melodrammi egiziani, western, musical indiani… Un miscuglio di rumori, idiomi e musica a partire dai quali la sua immaginazione creava nuove storie. L’esplorazione e la sperimentazione sonora sono tra gli elementi più personali e originali del cinema di Mambéty. In Badou Boy, sfrutta i limiti imposti dalla tecnologia per inventare una colonna sonora spesso in conflitto con le immagini. Uno spazio acustico che sviluppa una seconda narrazione, con effetti straordinariamente comici e surreali.

Cecilia Cenciarelli

Copia proveniente da

Restaurato in 4K nel 2021 da The Film Foundation’s World Cinema Project e Cineteca di Bologna presso i laboratori L’Immagine Ritrovata e L’Image Retrouvée, a partire dall’internegativo e dal negativo suono. Grading supervisionato da Pierre-Alain Meier. Con il sostegno di Hobson/ Lucas Family Foundation