ALIEN
Sog.: Dan O’Bannon, Ronald Shusett. Scen.: Dan O’Bannon. F.: Derek Vanlint. M.: Terry Rawlings, Peter Weatherley. Scgf.: Michael Seymour, Les Dilley, Roger Christian. Mus.: Jerry Goldsmith. Int.: Sigourney Weaver (Ripley), Tom Skerritt (Dallas), Veronica Cartwright (Lambert), Harry Dean Stanton (Brett), John Hurt (Kane), Ian Holm (Ash), Yaphet Kotto (Parker), Bolaji Badejo (Alien), Helen Horton (voce di ‘Mother’). Prod.: Gordon Carroll, David Giler, Walter Hill per Twentieth Century-Fox Film Corp.. DCP. D.: 116’. Col.
Scheda Film
Data la celebrità del franchise, è facile dimenticare che Alien è in buona misura un dramma latente sui protocolli, le dinamiche sociali e le forme d’alienazione in un ambiente lavorativo impersonale. Oggi che tante forme di impiego sembrano richiedere con insistenza una partecipazione festosa, sul posto di lavoro e nei social media, l’indifferenza dei personaggi di Alien può perfino risvegliare sentimenti nostalgici nei confronti di una professionalità fredda ed efficiente che nel 1979 era apparsa distopica. Analogamente, il film può suscitare ammirazione per il modo in cui Sigourney Weaver ha saputo costruire, in parte proprio grazie a questo ruolo, un’immagine di star innovativa e in sintonia con il decennio successivo. In ogni caso Alien funziona come horror fantascientifico perché si sofferma sui fattori di stress nell’ambiente lavorativo. Orienta il suo orrore tra spartane interfacce tecnologiche e spazi claustrofobici concepiti per i lavoratori, non per i consumatori.
La tematica del film, lo sfruttamento commerciale della biologia da parte del complesso militare-industriale, offre una cornice perfetta alle invenzioni di H.R. Giger. Attraverso un’estetica definita come ‘biomeccanica’, Giger si interessava all’integrazione tra macchina e vita organica (anche se in realtà lo appassionava più l’anatomia che la biologia). Ma al di là dell’esaltante e influente collaborazione tra Scott e Giger, nei suoi ritmi influenzati da Kubrick, nel sound design e nell’ingegnosa economia della produzione il film si caratterizza oggi soprattutto per la sua estrema cura artigianale. La Ripley impersonata da Weaver nel film e nei sequel (l’attrice l’ha soprannominata affettuosamente ‘Rambolina’) è diventata un’icona, ma ugualmente interessanti sono altre interpretazioni spesso sottovalutate come il capitano Dallas rilassato e conciliante di Tom Skerritt, ruolo che un altro attore avrebbe magari affrontato in maniera diversa, rendendolo più militarista e aggressivo.
Kaveh Askari