YOUNG FRANKENSTEIN
Sog.: ispirato ai personaggi del romanzo Frankenstein di Mary Shelley. Scen.: Gene Wilder, Mel Brooks. F.: Gerald Hirschfeld. M.: John Howard. Scgf.: Dale Hennesy. Mus.: John Morris. Int.: Gene Wilder (Dr. Frederick Frankenstein), Peter Boyle (la creatura), Marty Feldman (Igor), Madeline Kahn (Elizabeth), Cloris Leachman (Frau Blücher), Teri Garr (Inga), Kenneth Mars (ispettore Kemp), Gene Hackman (eremita cieco). Prod.: Michael Gruskoff per Gruskoff-Venture, Crossbow, Jouer. DCP 4K. D.: 106’. Bn.
Scheda Film
Il momento, quando arriva, possiede l’inevitabilità del genio comico. Il giovane Victor Frankenstein, nipote del conte da cui tutto ebbe inizio, ritorna in treno alla casa ancestrale. Quando il treno si ferma nella stazione, Victor avvista un ragazzino sul marciapiede, abbassa il finestrino e chiede “Scusa, ragazzo, siamo in Transilvania?”.
Sì, ci siamo, e Mel Brooks è perfettamente a suo agio in Young Frankenstein, il suo film più disciplinato e visivamente inventivo (si dà anche il caso che sia molto divertente). […] Nelle sue due commedie migliori prima di questa, The Producers e Blazing Saddles, Brooks aveva rivelato una rara anarchia comica. I suoi film non erano semplicemente divertenti, erano aggressivi e sovversivi, facendoci ridere anche quando in realtà avrebbero dovuto offenderci. (Spiegando questo fenomeno, Brooks ha dichiarato altezzosamente “I miei film si elevano al di sotto della volgarità”). Young Frankenstein fa ridere come ci si aspetta da una commedia di Mel Brooks, ma va oltre: rivela una crescita artistica e un controllo più sicuro del materiale da parte di un regista che un tempo sembrava disposto letteralmente a tutto per una risata. È più sicuro di sé e meno ansante.
Ciò accade in parte perché il genere stesso di cui fa la parodia gli fornisce una storia solida da smontare a piacimento. I bersagli di Brooks sono Frankenstein (1931) e Bride of Frankenstein (1935) di James Whale, rispettivamente il più influente e probabilmente il migliore degli horror hollywoodiani degli anni Trenta. Brooks controlla bene una fotografia in bianco e nero che cattura il sapore di quei film. Usa espedienti visivi datati ed effetti speciali ovvi (il viaggio in treno è un caso esemplare di scena ricostruita in teatro di posa). Rende la musica stridula al punto giusto. E si è perfino spinto ad affittare il laboratorio originale di Frankenstein, con le sue scariche di elettricità, i suoi effetti speciali ad alto voltaggio e la piattaforma elevatrice per intercettare i fulmini.
E così il film è la parodia di uno stile e non solo di un repertorio […] Dai titoli di testa (che riescono a farsi beffe di Frankenstein e di Quarto potere allo stesso tempo) all’allusivo refrain finale, Young Frankenstein non è solo un film di Mel Brooks ma anche un’amorevole testimonianza del nostro rapporto di amore e odio con i mostri. Stavolta, anzi, il mostro riesce perfino a imbastire una piccola relazione di amore e odio per conto suo.
Roger Ebert, “Chicago Sun-Times”, 1° gennaio 1974