VIVENT LES DOCKERS
Commento: André Stil; F., Mo.: Robert Mennegoz, Serge Bénézech, Jean Roullet, Paul Carpita, René Vautier; Mu.: Prokofiev; Prod.: CGT – Confédération Générale du Travail; FSM – Fédération syndicale mondiale, Union des Syndicats de la Région Parisienne. 35mm. D.: 14’. Bn.
Scheda Film
Il cinema francese non esprime opinionei- politiche e si sa grossomodo perché. I due lm di Mennegoz sono quindi un’eccezio- ne, ma sono stati girati quasi clandesti- namente e si può vederli solo clandesti- namente. Mennegoz forse non fa un cine- ma che corrisponda alla vostra opinione (infatti è comunista), ma almeno voi non siete un qualsiasi Brune o un cardinale Gerlier (che crede a Dio e al diavolo) e chiedete prima di tutto di vedere.
(…) Udiamo che i dockers vogliono vivere, vale a dire un po’ più che esistere, un po’ più che sopravvivere. Mennegoz ha vissu- to come uomo e come artista un’avven- tura umana che non era facile per i suoi compagni: le gru sono più belle al cinema che nella realtà, ed è dura non poter dare da mangiare ai propri ragazzi. Quando non si crede molto a Dio ma solamente alla felicità su questa terra, perdere la vita, signi ca esattamente perdere tutto e la sepoltura senza esequie da parte dei suoi compagni, di un docker ucciso in una manifestazione ci emoziona, perché ha un signi cato umano: è un atto di protesta. Durante le riprese, questo cinema politico nelle sue tesi diventava d’altronde un atto politico. Dato che i dockers ricreavano davanti a una macchina da presa il pro- prio dramma, non era il perfetto esempio del teatro nella strada sognato da Artaud. Non si trattava di un divertissement del patronato o di una rivista di ne d’anno perché questa azione drammatica co- stituiva anche un’azione politica reale. (…) Per restare all’aneddoto, ricordiamo lo sbarco delle bare dall’Indocina, lma- to attraverso un oblò della stiva; e anche quella sequenza gustosa dove si vedono i plotoni accorgersi che l’automobile che sta passando davanti a loro è armata di una macchina da presa, ma comprenderlo sempre con un po’ di ritardo, il che dona un curioso effetto, dato che sembra che la macchina da presa passi in rassegna un castello di carte di sbirri.
François Michel, Cinéma clandestin Rob- ert Mennegoz, “Positif”, n. 9