THE ZONE OF INTEREST

Jonathan Glazer

T. it.: La zona d’interesse. Sog.: dal romanzo omonimo (2014) di Martin Amis. Scen.: Jonathan Glazer. F.: Łukasz Żal. M.: Paul Watts. Scgf.: Chris Oddy. Mus.: Mica Levi. Int.: Christian Friedel (Rudolf Höss), Sandra Hüller (Hedwig Höss), Johann Karthaus (Claus Höss), Luis Noah Witte (Hans Höss), Nele Ahrensmeier (Inge-Brigit Höss), Lilli Falk (Heideraud Höss), Anastazja Drobniak (Annagret Höss), Cecylia Pekala (Annagret Höss). Prod.: James Wilson, Ewa Puszczyńska per Film4, JW Films, Extreme Emotions, A24. DCP. D.: 101’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Jonathan Glazer ha tanti meriti. Il primo è aver sventato per il ‘cinema della Shoah’ il rischio di diventare un sotto- genere commerciale senza più molte ambizioni. Il secondo è aver rivoluzionato l’altrettanto pigro campo dell’adattamento cinematografico: il romanzo omonimo di Martin Amis (eccezionale quanto incompreso tentativo di raccontare la grottesca disumanità dei piccoloborghesi nazisti dall’interno) viene reinventato di sana pianta e interpolato con le memorie di Rudolf Höss (raggelanti). Il terzo merito è aver scelto un “partito preso” del cinema: la casa della famiglia dei perpetratori nasconde decine di obiettivi che riprendono l’azione, quasi un sistema di ‘sorveglianza morale’ concepito come il Grande Fratello televisivo e applicato a una situazione eticamente sconvolgente (come ci si gode il sole in piscina a pochi metri da un campo di sterminio?). Lo stile, dunque, si nutre di elementi formali che provengono da scelte estetiche degradate dalla TV e trasformate in un’operazione da installazione artistica o da video-arte. Il quarto merito è aver identificato nel suono la chiave del progetto artistico di The Zone of Interest (sostituendo così il poco rappresentabile “odore di morte” che infastidiva i personaggi del romanzo). Attraverso un formidabile lavoro di raccolta a sintesi di urla, lamenti, rumori, colpi di pistola, latrati, botti, clangori industriali, crepitii, Glazer ha costruito un fuori campo lancinante, vera e propria testimonianza vivida e sensoriale di quel che significava percepire l’orrore e lasciarlo proseguire. Per il resto, la narrazione è ridotta a pochi elementi, pochi episodi, una monotonia che contrasta palesemente con gli istanti tra la vita e la morte delle vittime e dei prigionieri, i cui effetti (denti, gioielli, abiti, oggetti) raggiungono talvolta la villetta della famiglia Höss. Oltre al corpo, agli ebrei viene sottratto tutto il resto, ogni testimonianza annientata, ogni eredità cancellata, ogni ricordo rubato. Un classico istantaneo.

Roy Menarini

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