THE TAKING
Scen.: Alexandre O. Philippe. F.: Robert Muratore. M.: Dave Krahling. Mus.: Jon Hegel. Prod.: Kerry Deignan Roy con Robert Muratore, Cathy Trekloff per Exhibit A Pictures. DCP. D.: 76’. Bn e Col.
Scheda Film
“Qui siamo nel West, dove se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda”. E questo è stato il destino della Monument Valley, lo straordinario altopiano del Colorado dominato da ripide torri d’arenaria che a partire da Ombre rosse fu immortalato da John Ford in sette dei suoi western classici. Attraverso una cornucopia di filmati e l’alternarsi di voci di studiosi ed esperti che non appaiono sullo schermo e vengono identificati solo nei titoli di coda, Alexandre O. Philippe (che in precedenza ha documentato la creazione di Alien e dell’Esorcista e analizzato la scena della doccia di Psycho, in 78/52) illustra vividamente in The Taking come lo scarno paesaggio sia arrivato a simboleggiare tutto ciò che è suggestivo e terribile del West. Lo stesso Ford, come si evince dalla famosa intervista burbera concessa a Peter Bogdanovich, era solito offrire poche spiegazioni sulla propria scelta. Ma il paesaggio mitico da lui creato – l’arida vallata fa da sfondo perfino a Sentieri selvaggi, che pure si svolge in Texas – celava una storia più profonda, quella del brutale allontanamento della tribù indigena dei Navajo. La rappresentazione di orde minacciose di nativi americani offerta dai film di Ford rivelava poco o nulla di questa specifica storia, preferendo consolidare l’immagine dell’Uomo Bianco in lotta per fondare una nazione. Celebrando la forza visiva a scapito di tragiche verità, le generazioni successive hanno regolarmente reso omaggio all’uso fordiano di quei luoghi, che si trattasse del gesto amorevole di Sergio Leone con i suoi ampi movimenti di macchina in C’era una volta il West o di grossolane pubblicità di automobili. Nell’affrontare gli aspetti mitologici della vallata in un contesto politico più ampio alcuni commentatori di Philippe tendono a strafare, ma complessivamente la precisione chirurgica dei dettagli e l’estro visivo di questo documentario lo rendono un’analisi avvincente di un’ immagine indelebile del cinema.
David Thompson