The Hitler Gang

John Farrow

Scen.: Frances Goodrich, Albert Hackett, Kurt Neumann. F.: Ernest Laszlo. M.: Eda Warren. Scgf.: Hans Dreier, Franz Bachelin. Mus.: David Buttolph. Int.: Robert Watson (Adolf Hitler), Roman Bohnen (Ernst Röhm), Martin Kosleck (Joseph Goebbels), Victor Varconi (Rudolph Hess), Luis Van Rooten (Heinrich Himmler), Alex Pope (Hermann Göring), Ivan Triesault (Pastor Niemöller), Poldi Dur (Geli Raubal), Sig Ruman (generale von Hindenburg), Reinhold Schünzel (generale Ludendorff), Alexander Granach (Julius Streicher), Fritz Kortner (Gregor Strasser). Prod.: Paramount Pictures
35mm. D.: 95′. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Come indicato dal titolo, The Hitler Gang ritrae l’aspetto più triviale del Terzo Reich (e lo fa da un punto di osservazione sorprendente, il 1944): fiacco umorismo, battute cifrate, cattivo gusto, la sgradevolezza con cui i personaggi parlano gli uni degli altri (“perché perder tempo per quel miserabile nanerottolo” chiede Rosenberg, riferendosi a Goebbels). Il film, notevolmente fedele ai fatti, sottolinea l’aspetto gangsteristico del nazismo. L’umorismo non manca, ma neanche una fondamentale crudezza: finti suicidi (“era il primo uomo a essersi sparato alla testa cinque volte”), omicidi impuniti, esecuzioni brutali, l’allusione ai retroscena finanziari.
L’impostazione del film appare valida, anche se il più brillante critico di allora, James Agee, ne mise in dubbio “l’impegno solenne a rispettare i ‘fatti'” e osservò che Hitler era “ben diverso da un meschino, feroce squilibrato incapace di una sola idea”. Eppure, grazie all’ispirata regia di John Farrow, il film va oltre il semplice divertimento e si sforza di elaborare un’indagine sulla falsariga dei metodi psicoanalitici impiegati all’epoca per analizzare il profilo di Hitler.
Il punto di vista è sufficientemente chiaro: Hitler è un truffatore e un codardo, Göring finisce in una clinica psichiatrica svedese (dove avrebbe ovviamente dovuto restare). Ma Agee lamentava che il film sembrasse “suggerire, con il rispettoso ritratto di Gregor Strasser, che il nazionalsocialismo sarebbe stato accettabile se solo fossero stati eliminati gli spietati capobanda”. Ciò che però affascinava Agee e non mancherà di affascinare anche noi è la dimensione da museo delle cere: nella gara dei sosia cinematografici di Hitler (mettendo da parte Chaplin), The Hitler Gang non sfigura accanto ai film di Čiaureli, Pabst e Sokurov. Il notevole attore che impersona Hitler è Robert Watson. Il cast non contava star di levatura internazionale, anche se alcuni volti sono riconoscibili: l’estone Ivan Triesault, il controverso Reinhold Schünzel (genio stravagante che riuscì a vivere e a lavorare nella Germania nazista fino al 1937), il mitico viennese Fritz Kortner (che si era formato nella cerchia teatrale di Max Reinhardt) e Sig Rumann, che era poco prima apparso nel magnifico ruolo del colonnello nazista in Vogliamo vivere! (1942) e che offre qui un’interpretazione particolarmente misurata.

Peter von Bagh

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