ŠVEDSKAJA SPIČKA

Konstantin Judin

Sog.: dal racconto omonimo di Anton Čechov. Scen.: Nikolaj Erdman. F.: Igor’ Gelejn, Valentin Zacharov. Scgf.: Georgij Turylëv. Mus.: Vasilij Širinskij. Int.: Aleksej Gribov (Nikolaj Ermolaevič Čubikov, investigatore), Andrej Popov (Djukovskij, aiuto investigatore), Michail Janšin (Evgraf Kuz’mič, sovrintendente di polizia), Marina Kuznecova (Ol’ga Petrovna, sua moglie), Michail Nazvanov (Mark Ivanovič Kljauzov), Ksenija Tarasova (Mar’ja Ivanovna, sua sorella), Nikolaj Gricenko (Psekov, amministratore di Kljauzov), Nikolaj Kuročkin (Efrem, il giardiniere). Prod.: Mosfil’m · 35mm. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Nella natia Russia Čechov è amato innanzitutto per i suoi racconti, e poi per le opere teatrali. Dagli anni Trenta all’inizio degli anni Cinquanta si girarono decine di versioni cinematografiche, tratte soprattutto dai racconti firmati Antoša Čechonte (lo pseudonimo di Čechov agli esordi). Švedskaja spička doveva essere l’ennesima trasposizione: il 1954 era particolarmente proficuo per questo Čechov ‘umoristico’, un buon modo per commemorare i cinquant’anni dalla morte dello scrittore.
Il film segnò invece un punto di svolta per gli adattamenti di Čechov, tanto da creare quasi un genere per i decenni successivi. Perché in questo film Čechonte veniva visto attraverso gli occhi di Čechov.
Konstantin Judin non scalò mai i ranghi ma fu un riconosciuto maestro del cinema di genere, autore di eccellenti commedie e film d’azione tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta, ammirato da registi quali Sergej Ėjzenštejn e Boris Barnet (tanto che dopo la morte di Judin fu proprio Barnet a completare il suo ultimo film, Il lottatore e il clown, che fu lodato da Godard e Rivette).
Il fiammifero svedese di Čechov era niente più che un’elegante parodia del genere poliziesco, spunto ideale per un due rulli dall’ambientazione molto stilizzata e grottesca. Le versioni cinematografiche dei racconti erano normalmente una sorta di ‘spezzatino Čechov’, ottenuto mescolando frasi e storielle divertenti prese da questo o quel racconto. Ma a quanto pare Judin non aggiunse una sola parola, e si sforzò di ricreare in maniera convincente l’atmosfera della Russia dell’Ottocento.
Per esempio, uno degli interrogatori si svolge a colazione, nella casa della vittima, e che colazione! Sembra quasi che la gioia di un buon pasto possa oscurare l’omicidio, le accuse e le macchie di sangue sotto la finestra.
L’omicidio stesso è fonte d’eccitazione, un grande momento per quasi tutti gli abitanti della cittadina dimenticata da Dio. L’indagine è ridicola, perché qui tutti si conoscono, e c’è perfino la fraschetta che a un certo punto è stata con tutti gli uomini coinvolti nel caso. Ma la logica e il pathos del giovane ispettore sono impeccabili. E quando il caso si rivela nient’altro che una stupida storiella, per quest’uomo che ha perso la sua unica occasione di risolvere un vero omicidio è quasi una tragedia.
Accoglienti case di legno con mobili antiquati, foschi paesaggi autunnali in cui i sospetti camminano uno dopo l’altro nel fango facendo cic ciac (è uno dei motivi ricorrenti del film, scelta audace nel 1954, a soli due anni dalla ‘de-stalinizzazione’), e un valzer sentimentale che si intreccia a polke grottesche… Tutte trovate che diventeranno presto canoniche nei film tratti da Čechov, che a loro volta diventeranno un modello di tragicommedia esistenziale alla russa.

Peter Bagrov

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