SLAVNYJ MALYJ/NOVGORODCY

Boris Barnet

Sog.: Pëtr Pavlenko; Scen.: Aleksej Kapler; F.: Sergej Ivanov; Scgf.: Lev Mil’hin, Vladimir Kamskij; Mu.: Nikita Bogoslovskij, Nikolaj Krjukov; arie di A.P. Borodin e romance di P.I. Čaikovskij; Su.: Lev Val’ter; Testo canzoni: Natal’ja Končalovskaja; Int.: E. Grigor’ev (Nevskij), O. Jakunina (Evdokija), Elena Sipavina (Katja), V. Dobrovol’skij (Claude), Nikolaj Bogoljubov (Doronin), A. Tkačev (Šukin), N. Stepanov (Vasja); Prod.: COKS (Alma-Ata); Pri. pro.: 1992. 35mm. D.: 69’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Un alone di mistero ha accompagnato a lungo la sorte di questo film, “perdutosi” nell’intricata gestione cinematografica dell’evacuazione e rimasto inedito fino alla prima retrospettiva completa dedica- ta al regista nel 1992 dal Musei Kino di Mosca in collaborazione con il Gosfil’mofond che ne recuperò il negativo.
Certo è che la quasi totale mancanza di una sceneggiatura (si parla infatti solo di tentativo da parte del drammaturgo Kapler di ricavare un’elaborazione dal soggetto di Pavlenko intitolato Mstiteli [I vendicatori], permisero a Barnet di raggiungere picchi di visionarietà e venature di surrealismo davvero insolite per i tempi. In Slavnyj malyj, noto anche come Novgorodcy, ci sono tutti gli ingredienti tipici della commedia: il motivo dell’amore che cresce sulla base di buffi malintesi, personaggi bizzarri, duetti canori e piccole gag. Non mancano la figura canonica dell’aviatore, anche se francese, e il finale suggellato dall’arrivo della flotta aerea sovietica. Ma, nella sua funzione protettiva, la fitta foresta che accoglie la cellula partigiana si fa pretesto per ricreare quella tipica dimensione umana di semplicità incorrotta così cara a Barnet. Una comunità, la cui vita viene colta nel suo svolgersi quotidiano e dove l’assenza di discorsi infuocati contro il nemico svela ancor di più il contrasto con l’innaturalità della guerra.

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