QUO VADIS? – Parte I
Sog.: dal romanzo omonimo (18951896) di Henryk Sienkiewicz. Scen.: Gabriellino D’Annunzio, Georg Jacoby. F.: Giovanni Vitrotti, Alfredo Donelli, Curt Courant. Scgf.: R. Ferro, G. Spellani. Int.: Emil Jannings (Nerone), Elena Sangro (Poppea), Alphons Fryland (Vinicio), Lilian Hall-Davis (Licia), André Habay (Petronio), Raimondo van Riel (Tigellino), Rina de Liguoro (Eunica), Bruto Castellani (Ursus), Gino Viotti (Chilone Chilonide), Gildo Bocci (Vitellio). Prod.: Unione Cinematografica Italiana. 35mm. L.: 2811 m. D.: 77’ a 18 f/s. Col.
Scheda Film
Coproduzione europea del 1924, Quo vadis? offre agli spettatori scene fantasiose della storia romana che appaiono insieme magnifiche e inquietanti. L’imperatore Nerone è interpretato in chiave satanico-grottesca dal divo tedesco Emil Jannings. All’inizio lo vediamo gloriosamente disteso su un triclinio nel parco del suo palazzo monumentale e riccamente decorato, mentre scruta con sadico divertimento una serie di donne seminude che vengono gettate nella fontana per ingrassare le murene destinate alla sua tavola. Le connotazioni erotiche sono messe in risalto da suggestive riprese subacquee. Questo Quo vadis? doveva essere il rifacimento del film epico del 1913 di Enrico Guazzoni, che era stato un successo internazionale: si fantasticava così un ritorno nostalgico al cinema prebellico con la speranza di riconquistare un mercato globale ormai perduto. Con i suoi piani sequenza, le inquadrature di ambientazione, la messa in scena in profondità e le migliaia di comparse, il film del 1924 pone anch’esso l’accento sullo spettacolo ma porta la ben nota storia a estremi decadenti: banchetti stravaganti; pestaggi e omicidi; tentativi di stupro; lo spettacolare incendio; i combattimenti dei gladiatori, un auriga donna e raccapriccianti martirii. Per tutto il tempo Quo vadis? enfatizza lo sguardo dell’imperatore – il piacere e l’orrore di Nerone che osserva. Il palazzo della luce trionfa sulla città finché i Cristiani non escono dalle loro catacombe. Il set è la Città della mostra progettata dall’architetto Armando Brasini a Villa Borghese per ospitare la Mostra dell’agricoltura, dell’industria e delle arti applicate. Il riuso del padiglione collega il presente fascista al passato classico di Roma. E tuttavia il suo simbolismo sullo schermo non si concilia con la nascente retorica fascista riguardante i legami tra Italia moderna e antica Roma. “Civis Romanus sum”, aveva scelleratamente dichiarato Mussolini il 21 aprile 1924. La città imperiale in cui questo Quo vadis? invita gli spettatori a entrare non si addice al fascismo. Stando alle didascalie d’apertura, è simultaneamente capitale del mondo e crogiolo di vizi e corruzione. A distanza di cent’anni, rivisitiamo questo paesaggio visivo con un misto di ripugnanza e attrazione.
Maria Wyke