PACIFIC 231

Jean Mitry

Scen.: Marc Ducouret, Jean Mitry; F.: Jean Jarret, André Périé, André Tadié; Mo.: Marc Du-couret, Jean Mitry; Mu.: Arthur Honegger; Su.: Georges Leblond; Prod.: Tadié-Cinéma. 35mm. D.: 10’. Bn

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Benché le immagini di Paci c 231 siano dirette dalla partitura nella loro natura e nel loro svolgersi, per quanto riguarda la realtà materiale che rappresentano sono indipendenti dalla musica, cioè non han- no essenzialmente carattere illustrativo. (…) Si tratta dunque di esprimere nel- lo spazio un ritmo che si dispiega e si esprime già nella durata, di trovargli un equivalente plastico, agendo in modo tale che i movimenti formali si associno alle cadenze musicali come le inquadrature del montaggio alle frasi dello spartito (…). Certamente, dato che le immagini sono sempre immagini di una realtà, occorre “rendere astratto” il reale per cancella- re l’aspetto troppo gurativo dell’oggetto lmico, facendo in modo però che essa non perda mai la carica emotiva dovuta alla sua realtà tangibile. Bisogna conser- vare il suo movimento, il suo ritmo, la sua tonalità (…). Infatti, come sottolinea ma- gistralmente Gaston Bachelard, “solo una materia può ricevere il peso di impressio- ni e di sensazioni molteplici; solo i valo- ri dei sensi danno delle corrispondenze. I valori della percezione non danno altro che traduzioni”. Ecco perché è necessario aggiungere alla percezione il movimento, la sensazione della materia in movimento; ma in modo che questa materia interven- ga soltanto per questo valore sensoriale che essa ci dà e che ci appaga. Ragion per cui abbiamo cercato delle corrisponden- ze plastiche in seno alla realtà materiale piuttosto che ai gra smi astratti, e scelto di cantare il movimento della realtà che è il solo in grado di avere un senso.
Jean Mitry, Storia del cinema sperimenta- le, Mazzotta, Milano 1971

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