OBALTAN

Yu Hyun-mok

Sog.: from the homonymous novel by Lee Beom-seon. Scen.: Lee Jong-gi, Lee I-ryeong. F.: Kim Hak-seong. M.: Kim Hee-su. Scgf.: Baek Nam-jun, Lee Su-jin. Mus.: Kim Seong-tae. Int.: Kim Jin-kyu (Cheol-ho), Choi Moo-ryung (Yeong-ho), Seo Ae-ja (Myeong-suk), Kim Hye-jeong (Miri), Noh Jae-sin (la madre di Cheol-ho), Moon Jung-suk (la moglie di Cheol-ho). Prod.: Daehan Films Corp.. DCP 2K. D.: 112’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Obaltan è il titolo più emblematico di Yu Hyun-mok e un’opera fondamentale del cinema realista coreano. Il film coglie l’ansia collettiva della Corea postbellica attraverso le vicende dell’impiegato Cheol-ho, anima inquieta che a notte fonda si ritrova spesso a vagare per le strade di Seul, e della sua famiglia: la madre malata di mente, la sorella prostituta e il fratello rapinatore di banche. Il film è stato a lungo considerato un capolavoro maledetto: insuccesso commerciale all’uscita in sala, fu messo al bando dal governo militare e ottenne il meritato riconoscimento solo nel 1963, quando venne presentato al San Francisco International Film Festival. Il negativo originale è andato perduto e l’unica copia superstite è proprio quella proiettata al SFIFF. In patria tutti questi fattori determinarono la sua fama leggendaria di classico da riscoprire, ma il suo merito principale sta nella schietta analisi del decennio devastante che seguì la guerra di Corea, nella rappresentazione, fatta appropriandosi di tecniche cinematografiche occidentali, degli sconvolgimenti economici e psicologici prodotti sulla società dall’evento più atroce della storia coreana moderna.
Obaltan non è semplicemente un film antimilitarista perché abbraccia l’esistenza umana in tutto il suo caotico splendore, mostrando come la dissoluzione dei rapporti umani rifletta un sistema sociopolitico che infligge sofferenze su larga scala. Cheol-ho e la sua famiglia sono intrappolati in una struttura sociale potente, inamovibile. L’immagine di Cheol-ho che canta tra sé e sé la popolare ballata Sa-ui Chanmi (Preghiera della morte) rappresenta l’epitome dell’odio verso se stessi e dello sconforto che hanno afflitto la società coreana dai tempi dell’occupazione giapponese e della sua cultura del dominio e dello sfruttamento.

Kim Ki-ho

Copia proveniente da

Restaurato in 2K nel 2015 da Korean Film Archive a partire da una copia 35mm e da un controtipo negativo