NATURE’S FAIREST

P.: Gaumont L.: 64m, D.: 3’, col. pochoir, 35mm

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Il concetto di meraviglia, di meraviglioso, è fin troppo onnicomprensivo per il cinema non-fiction delle origini. A tal punto il concetto, crediamo, permea i film di non-fiction, che ne è quasi indistinguibile; così, il concetto di meraviglia è alla base della maggior parte di questi film, e rischia di diventare un concetto ininfluente, scontato, non caratterizzante.

D’altro canto è anche vero che è un concetto che si tende a dimenticare, o almeno a non sentire come in primo piano, privati come siamo della capacità di meravigliarci ancora di immagini in movimento, da troppo tempo vittime del peccato originale del cinema. Pochi sono i momenti che possono restituirci questa emozione. Possiamo individuarla nei colori di alcuni film pochoir; nella crudeltà della separazione di due sorelle siamesi, nella meraviglia tecnologica di alcuni film sull’agricoltura, sulla marina, sulle nuove armi; o nell’esotismo quasi vergine di film dei primissimi anni del secolo. Oppure possiamo misurarlo su quei film che più nettamente sono destinati a mostrare il mezzo prima che le immagini: fiori che sbocciano, onde che si frangono, soli che tramontano o sorgono. Sono i momenti in cui il mezzo diventa completamente “opaco”, nei quali ciò che si mostra è il cinema al lavoro, nei quali non ci resta altro da vedere che la meraviglia provata dal pubblico, che apparentemente a questi film attribuiva grande fascino, visto che hanno continuato ad essere prodotti anche in anni nei quali avrebbero potuto essere considerati “superati”.

 

Copia proveniente da