MISS DOROTHY
F.: Cesare Cavagna. Int.: Diana Karenne (Thea Nothingham, alias Dorothy Chester), Romano Calo (Giorgio e Ruggero Di Sangro), Lia Formia (Mara), Carmen Boni (Alma). Prod.: Nova Film. 35mm. L.: 1233 m (incompleto). D.: 60’ a 18 f/s. Bn. Didascalie italiane / Italian intertitles.
Scheda Film
Diana Karenne, polacca di nascita (o ucraina?), assurge quasi senza gavetta allo status di grande diva italiana. Il grande successo arriva col suo primo film da protagonista (Passione tsigana, 1916). Altrettanto presto affianca al mestiere di attrice quelli di sceneggiatrice, produttrice e regista ben nota per il suo “iroso dispotismo” (così assicura un articolo dell’epoca). “Diva intellettuale”, la chiamano alcuni: si diletta anche nella pittura, suona il pianoforte (vedere come muove le mani sulla tastiera in questo Miss Dorothy), frequenta i futuristi. Una “testolina bizzarra, donna straordinaria per risorse artistiche”, s’inebria un critico. Mentre un collega proprio non ci sta e sbotta: “Queste donne ipersensibili e superintellettuali sono una vera calamità umana”. Di una carriera a quanto pare molto variegata, passata poi negli anni Venti tra Francia e Germania, e messa a tacere dal cinema sonoro, resta molto poco. Niente dei film da lei diretti. In Miss Dorothy, film di identità celate, svelate, dissimulate, messe a nudo solo a prezzo di enormi dolori, possiamo gustarci un assaggio stimolante di quel talento multiforme che in molti le attribuiscono e che forse non potremo mai certificare in pieno. Un recensore in vena di complimenti la trova “un poco ingrassata”, e non osiamo pensare a cosa assomigliasse quando era più magra. Ci appare subito in veste da istitutrice, rigida come uno stoccafisso, con gli occhiali, un vestito nero con un collo alto che pare strozzarla, lo chignon, il righello in mano pronto a colpire. Molto sexy, a dispetto di quanto ci vorrebbero dare a bere le didascalie, se mi è concesso dirlo. Ma è solo una delle sue vite: avremo poi modo di vederla (in flashback) nella gaia giovinezza da studentessa e nella maturità complessa da donna a cui il destino ha tolto troppo. Il ventaglio dei sentimenti è ampio e volubile, tra piccole gioie, ansie, tormenti, fremiti, malinconie, occhiatacce di sfida: senza mai sfociare nell’arabesco, e senza mai rinunciare a quella sfumatura di rigida alterigia che un po’ ci turba, un po’ ci attrae.
Andrea Meneghelli