MALOMBRA

Carmine Gallone

Sog.: dall’omonimo romanzo di Antonio Fogazzaro. Scen.: Carmine Gallone. F.: Giovanni Grimaldi. Int.: Lyda Borelli (Marina di Malombra), Amleto Novelli (Corrado Silla), Augusto Mastripietri (conte Cesare), Amedeo Ciaffi (Steinegge), Consuelo Spada (Edith Steinegge), Giulia Cassini-Rizzotto (contessa Salvador), Francesco Cacace (conte Salvador). Prod.: Cines 35mm. L.: 1516 m. (incompleto, l. orig.: 1705 m). D.: 83’ a 19 f/s. Imbibito e virato

info_outline
T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

C’era una volta un piccolo archivio locale che si chiamava Cineteca di Bologna. E c’erano tre ragazzi innamorati del cinema muto, un mondo perduto fatto di film invisibili come Malombra e di attrici leggendarie come Lyda Borelli. I tre si misero a cercare i film muti italiani, aiutati nella ricerca da più anziani appassionati. Quel che segue è la favola del Cinema Ritrovato, che ha portato alla riscoperta non solo di molti film muti italiani perduti, ma, in senso ben più ampio, di un patrimonio culturale.
Il caso di Malombra è stato una delle prime e più incoraggianti dimostrazioni che non tutti i film perduti sono perduti per sempre. Nel 1985, da una scatola scovata a Trento uscì il primo rullo, e nel 1991 una copia nitrato quasi completa venne rinvenuta in Uruguay. Ricerca, ritrovamento e restauro resero così di nuovo visibile il film di Gallone.
Malombra risplende d’un sontuoso stile visivo e immerge il pubblico nell’incantesimo di magici paesaggi, d’un romantico sinistro castello e della spettacolare performance della diva Borelli. Posseduta da demoni interiori, Borelli dilata sguardi e gesti, oppure s’adagia su una barca tra cuscini e fiori, languida vittima e fatale Lorelei, il corpo circonfuso di un’aura lucente. Il primo rullo si chiude con una delle scene di maggior impatto dell’intero genere diva-film: Marina di Malombra/Lyda Borelli scioglie la chioma, si abbandona alla sua follia (o è lo spirito di Cecilia?), confonde il viso nelle onde dei capelli mentre lo sguardo allucinato la trasforma in una Menade, infine sviene e cade a terra.
L’intreccio si sviluppa in modo così approssimativo che gli spettatori che non hanno letto o non ricordano l’omonimo romanzo gotico di Antonio Fogazzaro (1881) non hanno modo di capire esattamente chi è chi, quali relazioni ogni personaggio intrattiene con gli altri e perché tutti fanno quel che fanno. Inoltre, al pubblico di oggi possono facilmente sfuggire gli indizi offerti da certi aspetti della messa in scena, come i vestiti. Quando Marina arriva al castello vestita e velata di nero, l’abito del lutto indica il motivo del suo arrivo: è appena rimasta orfana ed è venuta a vivere con lo zio. Più tardi, un altro vestito a lutto informa il pubblico che il conte è morto, a seguito dell’attacco notturno di Marina.
Ma come un famoso regista disse così bene, la sceneggiatura è solo una distrazione da ciò che nel cinema conta veramente.

Mariann Lewinsky

 

La recensione su Cinefilia Ritrovata

Copia proveniente da

Restaurato da Cineteca di Bologna nel 1996 a partire dalla prima bobina di una copia positiva nitrato con didascalie italiane proveniente dal fondo Pegoretti e da una copia positiva d’epoca nitrato con didascalie spagnole proveniente dal fondo Pereda conservato dall’Archivo Nacional de la Imagen – Sodre