MAL’ČIK I DEVOČKA
Scen.: Vera Panova. F.: Vladimir Čumak. Scgf.: Aleksej Rudjakov. Mus.: Boris Čajkovskij. Int.: Natalija Bogunova (la ragazza), Nikolaj Burljaev (il ragazzo), Antonina Bendova (Tanja), Tamara Konovalova (Nadja), Pavel Kormunin (l’animatore), Valentina Čemberg (domestica), Ljudmila Šagalova (la donna alla stazione balneare), Evgenija Uvarova (infermiera alla maternità). Prod.: Lenfilm. DCP. D.: 70’. Col.
Scheda Film
Mal’čik i devočka non è affatto una storia d’amore ma piuttosto un dramma esistenziale che muta costantemente sottogeneri e stili visivi. I colori vivaci ed eccentrici delle scene iniziali letteralmente sbiadiscono a metà film per risorgere nel finale con nuova intensità (vale la pena di vedere il film anche solo per la brillante fotografia di Vladimir Čumak). Queste caratteristiche dovettero irritare la censura, ma le obiezioni erano difficili da formulare. Così il film fu accusato principalmente di immoralità. Il ministero del cinema insistette perché fosse tagliata una scena del tutto innocente con due innamorati pacificamente addormentati su un prato. Il regista Julij Fajt lo fece in cabina di proiezione, poco prima dell’inizio dello spettacolo. In quell’occasione rubò il pezzo di pellicola e mezzo secolo dopo lo consegnò al Gosfilmofond, l’archivio cinematografico russo: fu il primo passo di questo restauro.
Mal’čik i devočka non fu uno di quei film scandalosamente vietati. Un film messo al bando diventava subito famoso, così le autorità escogitarono un metodo molto più sofisticato per condannare un titolo all’oblio. Se a un film era assegnata la seconda o la terza categoria significava che ne veniva stampata solo una ventina di copie per la distribuzione in tutta l’Unione Sovietica, da proiettare prevalentemente in città di provincia.
È quello che accadde a Mal’čik i devočka. Non solo fu classificato nella categoria più bassa, ma a Fajt fu proibito di girare film di finzione e di viaggiare all’estero. La riabilitazione informale giunse solo dieci anni dopo, ma a quel punto Fajt era, per sua stessa definizione, “un uomo diverso”. Continuò a lavorare, ed è anzi ancora attivo oggi, ma la ‘messa al bando silenziosa’ di Mal’čik i devočka segnò la fine di una carriera estremamente promettente, coerente e brillante.
Fajt apparteneva all’‘aristocrazia del cinema’. Suo padre, Andrej Fajt, era un divo del muto, il ‘cattivo preferito’ del cinema sovietico. Julij crebbe nel mondo del cinema ed ebbe perfino una piccola parte in Ivan il terribile di Ėjzenštejn. Si laureò al VGIK dove aveva come compagno di classe Andrej Tarkovskij (Fajt apparve nel primo film di Tarkovskij, Gli uccisori). Boris Barnet e Michail Romm supervisionarono il suo primo cortometraggio, il cui successo gli fruttò subito un lavoro alla Lenfilm, una delle migliori case cinematografiche del paese. Quattro anni dopo girò Mal’čik i devočka. Oggi il film è considerato un classico della nouvelle vague sovietica, che raggiunse l’apice alla metà degli anni Sessanta. Fu allora che finì il Disgelo ed ebbe inizio la Stagnazione, con tutte le conseguenze che ne derivarono.
Peter Bagrov