MAIS QU’EST-CE QU’ELLES VEULENT?
Scen.: Coline Serreau. F.: Jean-François Robin. M.: Sophie Tatischeff. Prod.: INA, Copra Films. DCP. D.: 81’. Col.
Scheda Film
Al giorno d’oggi una donna che dà la parola ad altre donne non ha nulla di eccezionale, ma nel 1975 per la giovane regista Coline Serreau (al suo primo film, in parte finanziato da Antoinette Fouque) si trattava di una scelta quasi utopica. Utopie è del resto il titolo che avrebbe voluto dare a questa serie di interviste uscite con il più provocatorio titolo Mais qu’est-ce qu’elles veulent? Le donne in questione si chiamano Véronique, Elisabeth, Liliane. Sono contadine, operaie tessili, una ‘casalinga’ benestante, un’attrice pornografica, una giovane anoressica, una portinaia vedova, una pastora protestante che “ama ciò che fa ma non ha fatto ciò che amava”… Donne che parlano della loro quotidianità e intervistate sul posto di lavoro. Che cosa vogliono? Raccontare la loro vita, raccontarsi, se possibile essere ascoltate anche se i loro desideri entrano in conflitto con la loro realtà, come spesso accade.
Con Mais qu’est-ce qu’elles veulent?, Coline Serreau compie una transizione dal teatro (è stata tirocinante alla Comédie-Française) alla regia di documentari prima di approdare al cinema. Questo passaggio avviene con la naturalezza dell’acqua che scorre, metafora che attraversa tutto il film (montato da Sophie Tatischeff), dove la parola – ripetuta, incessante, liberatoria – diventa protagonista assoluta. Anche a costo di conservarne solo l’aspetto performativo, vista l’ampiezza dei temi e delle problematiche affrontati in questo primo lungometraggio.
Pauline Baduel