L’IMPERO DEL SOLE
F.: Mario Craveri. M.: Mario Serandrei. Mus.: Angelo Francesco Lavagnino. Prod.: Lux film. DCP. Col
Scheda Film
L’impero del sole di Gras e Craveri è un film assai riuscito, sa alternare a pagine di evidenza poetica (di divagazione si potrebbe dire) altre più vive e drammatiche dove la vita degli uomini è narrata con scelte sequenze, ma il carattere vero del popolo peruviano ci resta ancora misterioso. […] Quando L’impero del sole finisce vorremmo vederne altrettanto, dato che proprio alla fine la stupenda corrida col toro e il condor ci fa impazzire di gioia e di entusiasmo. Vorremmo sapere di più di questo popolo, imperturbabile alla fatica, imperturbabile alla gioia, che reagisce solo all’esuberanza del sesso e dell’eccitazione. Ma anche così le immagini di questo film sono stupende. Craveri ce ne ha regalate in abbondanza, ci ha dato ampie, incredibilmente ariose, immagini di bosco, di terre, di deserti e di mare; e di cieli pieni di migliaia, migliaia di uccelli, di montagne alte e rocciose; e, in una corrida piena di polvere, di sudore e di passione, ci ha mostrato la più tragica lotta, dove il condor lentamente sfinisce il toro infuriato. Il condor è il popolo delle Ande, il toro la dominazione spagnola; poi finita la lotta, il condor ritorna alto nel cielo portando appresso i desideri e le speranze. La domenica che il film ci descrive sembra finita: ma a questo punto vorremmo che cominciasse la settimana.
Edoardo Bruno, “Filmcritica”, ùn. 62-63, settembre-ottobre 1956
In questo film abbiamo cercato, rispetto ai precedenti dello stesso tipo, un maggior avvicinamento all’uomo, un approfondimento del folklore per veder di afferrarne il significato intimo e il valore umano. Qui c’è più indagine, più ricerca. Non è che si vada per strada e ci si limiti a riprendere tutto quel che passa davanti. Si vedono le cose e si studiano, prima di decidere che cosa va messo nel film. Si possono portar via delle scene, così di sotterfugio, ma non delle sequenze. Un minimo di interpretazione c’è sempre, perché si tratta di ricostruire e quindi di scegliere, di sintetizzare, scartando quel che non interessa per far risaltare più chiare altre cose. Ciò che si vede nel film non è inventato. Non c’è niente di inventato. Interpretato sì, presentato dal nostro punto di vista, ma reale.
Enrico Gras e Mario Craveri, “Rivista del cinematografo”, n. 9-10, settembre-ottobre 1956