L’ÎLE DE MAI

Michel Andrieu, Jacques Kébadian

Sog.: da un’idea di Michel Andrieu. Immagini: Renan Pollès, Jean-Pierre Thorn, Jean-Denis Bonan, Jean-Noël Delamarre. M.: Maureen Mazurek. Mus.: René-Marc Bini. Prod.: Matthieu De Laborde, Iskra DCP. D.: 81’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Avevo 28 anni. Come ex allievo dell’Institut Cinématographique (IDHEC) ero stato aiuto regista di Robert Bresson in due film (Au hasard Balthazar, Mouchette) e avevo girato il mio primo mediometraggio, Trotsky, con Patrice Chéreau. […] In quel contesto repressivo fondai con altri cineasti l’ARC (Atelier de Recherche Cinématographique) che fu all’origine di tutta una serie di film di carattere politico e rivoluzionario. All’epoca l’ARC era un collettivo militante molto impegnato nelle proteste contro la guerra del Vietnam. Il contesto politico aggregava l’anti-imperialismo, l’anticapitalismo, l’antistalinismo, alcuni erano situazionisti o anarchici, solo io ero legato alla Jeunesse communiste révolutionnaire. All’inizio i nostri mezzi erano molto limitati: una macchina da presa Coutant, un Nagra e piccole cineprese meccaniche, Paillard Bolex o Pathé Webo, un magnetofono Uher. Quando la Sorbona fu circondata dalla polizia eravamo nel Quartiere Latino con le nostre attrezzature. Ma nessuno si aspettava una rivolta simile! La vivemmo un po’ come un sogno, filmandola […]. Avevamo tutti la sensazione di vivere la nostra rivoluzione d’ottobre!
Il maggio del ’68 era il mese della parola, delle decisioni prese in uno spirito di uguaglianza, della democrazia diretta nei comitati. Era una fuga, una vibrazione di vita, un’esultanza, un momento di rottura, la bellezza del rifiuto, la gioia di condividere, un’attenzione per l’altro e per ciascuno. Un popolo che si ergeva per dire no e poter finalmente influire sulla storia.
Per il cinquantenario ci siamo detti che dovevamo fare un film in cui il Maggio ’68 fosse finalmente raccontato da coloro l’avevano vissuto filmandolo, come noi, e non semplicemente commentando immagini d’archivio. Non si trattava nemmeno di fare un’analisi o una lezione di storia. Ci siamo basati su tutti i materiali filmati dal nostro collettivo e da altri cineasti militanti che avevano scelto di condividere le loro immagini e i loro suoni. Personalmente volevo che il film fosse privo di un commento o di una voce off aggiunti a posteriori. Questo presupposto radicale si è via via imposto in sede di montaggio, come se le sequenze girate cinquant’anni fa non ammettessero la presenza di corpi estranei. Perché il passato potesse farsi presente, del resto, era necessario eliminare i commenti ideologici e conservare solo le informazioni oggettive e fattuali.

Jacques Kébadian

 

La recensione su Cinefilia Ritrovata

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